Sul lavoro si basa l’intera costituzione italiana, come recita il primo articolo della stessa. Ma il lavoro delle volte prende il sopravvento occupando sempre di più di quello spazio che dovrebbe essere dedicato alla vita privata. Delle volte è perfino tossico, diventando una delle principali cause di depressione. In un momento storico dove è proprio il lavoro a mancare, anche lavorare troppo può nuocere e lo stacanovismo non è la soluzione migliore da adottare.

Quando il posto di lavoro diventa tossico

Un ambiente di lavoro non sempre rispecchia il sogno di una vita, l’ambizione di fare carriera o del ritrovarsi in un luogo tranquillo dove adoperare le proprie capacità rendendole remunerative. Diventa particolarmente difficile riuscire a trovare un equilibrio quando si ha a che fare con colleghi diffidenti, che ripongono scarsa fiducia oppure ostili. Quante volte sarà capitato a chiunque di doversi trovare come collega un individuo che cerca di svalutare il lavoro altrui per far sembrare il suo di qualità superiore?

Ciò comporta un alto livello di tensione. Il lavoratore si ritrova in una gabbia senza uscita. Si appoggia a una leadership che sembra ignorare il fattore psicologico che influisce sulla resa della prestazione lavorativa. Da tali distorsioni del rapporto lavorativo, ne risente anche l’azienda in termini di resa e qualità. Ma non è sempre colpa dell’azienda. Un’impresa che dispone di molti dipendenti, ha comunque difficoltà a gestire il rapporto tra i dipendenti più o meno corretti nei confronti dei colleghi. Un ambiente di lavoro tossico, oltre che avere ripercussioni dirette sul lavoratore inducendolo a stati depressivi, rimane vittima successivamente di comportamenti non corretti, ma delle volte giustificati dalla situazione ostile. Si potrebbe verificare il fenomeno dell’assenteismo o delle dimissioni a causa dello stress eccessivo.

Solitamente, il miglior consiglio da dare in questi casi, è quello di rivolgersi a uno psicologo, cercando di evitare la reazione emotiva.

L’idealizzazione del lavoratore no-limit: lo stacanovismo

Lo stacanovismo deve la sua origine ad Aleksej Grigor’evič Stachanov, minatore russo che negli anni ’30, in Russia, stabilì il record d’estrazione mineraria. Dallo stesso nacque successivamente un movimento sorretto dalla propaganda stalinista. L’idea di emulare il minatore aumentando il carico di lavoro non rende migliori in certi casi. Si sacrificano aspetti fondamentali che regolano l’equilibrio psico-fisico, facendo cominciare a tremare il castello di carte sul quale si erge l’idea dello stacanovista. Quanto si è disposti a sacrificare della propria vita in favore del lavoro?

Il lavoro dovrebbe essere l’impegno quotidiano che consente di trarre il profitto necessario a vivere la restante parte del tempo in modo dignitoso e soddisfacente. L’idea dello stacanovista è frutto di una logica capitalistica che ha spinto molti lavoratori ad aumentare la propria produttività dedicando sempre più tempo al lavoro e meno alla propria persona o ai rapporti al di fuori dell’ambiente lavorativo. L’essere o il diventare stacanovisti, nuoce alla salute rendendo tossico a tutti gli effetti l’ambiente lavorativo. La colpa in questo caso è propria dell’individuo e molte volte l’eccesso di lavoro si manifesta fisicamente logorando corpo e mente. Lo stacanovista spesso soffre di insonnia, disturbi intestinali o cardiaci.

Stanchezza fisica e mentale cronica e ancora una volta depressione. In un periodo di forte crisi, è anche vero che il posto di lavoro vale quanto l’oro. L’essere sottoposti al rischio di licenziamento spesso grava psicologicamente sul lavoratore che tenta di mostrarsi una parte fondamentale incrementando la mole di lavoro. Subentra uno spirito competitivo eccessivo sospinto dalle grandi aspettative di carriera che vanno in pezzi quando poi si riceve una valutazione magari negativa.

Lo stacanovismo è un approccio che rispecchia una mentalità arretrata, appartenente a un’epoca di espansione industriale che non si sposa con i tempi moderni. Le attività oggi sono suscettibili di cambiamenti repentini ed è necessario disporre di un capitale umano che sia in grado di prendere decisioni nell’immediato. Lo stacanovista è più simile a un mulo da soma e alla fine dei giochi, un periodo prolungato dedicato esclusivamente al lavoro diventa controproducente. Si lavora per vivere e non si vive per lavorare.