Cinema

Stasera in tv “Yes Man”: Jim Carrey nella commedia che dice “sì” alla vita

Apatia e depressione sono due delle parole che più facilmente assoceremmo a Carl Allen, il protagonista interpretato da Jim Carrey nella commedia “Yes Man“. Carrey, 10 anni dopo “The Truman Show” torna al centro di un film con evidenti accenti comici e una poetica riflessione sul senso che si dà alla propria vita.

Certamente in “Yes Man” non viene raggiunta la profondità d’osservazione della natura umana che nel dramma di Peter Weir del ‘98 trovavamo accompagnata da una studiata e polemica riflessione metatestuale. Qui, difatti, il messaggio che soggiace come sottotesto del film è piuttosto semplice ed è ben esplicitato sin dal titolo: l’invito a dire “sì” alle occasioni che la vita offre.

Da “No Man” a “Yes Man” in 104 minuti

La pellicola di Peyton Reed ci para davanti agli occhi un personaggio in cui si concentrano tutte le caratteristiche che, seguendo classici stereotipi, ci aspetteremmo di trovare in una persona frustrata: Carl Allen è un uomo solo, lasciato dalla moglie, che ha trovato un’altra persona che le stia accanto, non coltiva i propri rapporti d’amicizia e, infine, lavora come agente di prestito bancario.

Per vivere passa le giornate ad approvare o meno dei finanziamenti per progetti altrui, che spesso è costretto a negare per “buonsenso” o per la politica della banca. Questo già lo rende per definizione l’uomo del “no”, un “No Man” nelle parole del vecchio collega Nick Lane (John Michael Higgins).

Nick è la persona che lo invita ad un seminario sull’autostima tenuto da una sorta di guru spirituale, Terrence Bundley (Terence Stamp), che si presenta completamente vestito di bianco e a piedi nudi e predica che l’unico modo per vivere a pieno è seguire come un dogma la frase seguente:

Tutte le volte che la vita ti presenterà un’occasione, tu dirai “sì”.

La conversione del grigio agente di prestito in uno “Yes Man” è tutto sommato molto, fin troppo, veloce: intraprende corsi per imparare le cose più disparate, dalla chitarra al coreano, ed intesse casualmente relazioni che faranno sì che la sua vita e quella delle persone accanto a lui si incastrino quasi perfettamente.

Una scena da "Yes Man", Credits: HuffPost
Una scena da “Yes Man”, Credits: HuffPost

Un puzzle fragile fatto di “sì!”, “sì!”, “sì!”

Un pezzo importante di questo puzzle sarà l’incontro fortuito con Allison (Zooey Deschanel), una cantante eccentrica che pratica jogging fotografico. Le stranezze e la spontaneità di Allison non si sarebbero mai conciliate col carattere del primo Carl.

Questo cambio radicale del personaggio, che coinvolge anche il tipo di interazioni umane che sceglie, sembra poco credibile dal momento che dipende dalla sola adesione ad una filosofia basata sulla convinzione di un’automatica reazione positiva dell’universo, nel caso si risponda sempre “sì” alle occasioni che si presentano. Nonostante questo, la bizzarra storia d’amore tra i due rimane estremamente godibile.

Ed è proprio attraverso questa relazione, nel suo farsi seria e toccare snodi importanti, che la storia rivela tutta la fallacia della semplicistica teoria di Terrence Bundley. Ciononostante il finale di “Yes Man” ci regala un ovvio ritorno all’equilibrio, un dolce lieto fine e un banale, quanto utile, reminder della semplicità con cui, a volte, possiamo rirpendere in mano le nostre vite.

Debora Troiani

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