Stoner di John Williams, epopea di un antidivo

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Di Rossella Papa

Parlando di antidivi, in Stoner, protagonista dell’omonimo romanzo di John Williams, potremmo ravvisarne il prototipo. Eppure qualcosa nella sua personalità ci lascia spiazzati. Gli antidivi con cui siamo avvezzi confrontarci nelle narrazioni sono comunque, a modo loro, eroi. Magari loro malgrado, a volte perfino a loro insaputa, oppure solo perché indossano abiti dimessi o utilizzano metodi poco ortodossi.

Nel caso di Stoner, invece, il termine non potrebbe essere più calzante. Nulla, in lui, induce nel lettore quel senso di epicità finalizzato ad accendere il desiderio di essere al suo posto. Un professore universitario assurto a una notorietà così discreta anche tra i ristretti confini del suo ateneo, che perfino nella bacheca con le foto dei docenti, pochi anni dopo la sua dipartita, gli studenti si domandano chi fosse.

L’impegno come forma di resilienza

Di origini contadine, la sua vita sarà una scalata lenta e faticosa verso un’onorabilità conquistata utilizzando l’unico propellente capace di fargli sopportare qualsiasi sacrificio: l’amore per la letteratura. I momenti felici della sua esistenza sono comunque brevi sprazzi di sereno tra il grigiore imperante, sopportato peraltro con una compostezza che spesso ammicca alla rassegnazione. 

L’impegno è il filo conduttore che ci guida per quella che in pratica è la sua biografia; impegno per imparare, per emergere, per far funzionare un matrimonio e per allevare una figlia. Un ininterrotto sforzo paragonabile a quello della scalata in una gara ciclistica, che, da bravo gregario, non lo porterà sul podio, ma solo a inorgoglire per aver dato tutto. Qualcosa di più alacre della tanto celebrata resilienza, un consapevole spendersi attivamente per un obiettivo che non potrà mai ripagare gli sforzi profusi.

Nel momento in cui ci si potrebbe aspettare da lui lo strappo vincente (quando intreccia una breve relazione clandestina con una giovane studentessa) ecco che rientra mestamente nei ranghi, facendo esattamente ciò che suggerirebbe la banalità della sua figura. C’è poesia in tutto ciò. Il lirismo spicciolo e difficilmente considerato della ciclica esistenza dei suoi avi, il sacrificio in nome di cosa sia giusto fare, la rinuncia alla propria felicità per non smentire sé stessi.

Contenuti aggiuntivi in Stoner: l’antidivo John Williams

L’edizione proposta da Mondadori è poi corredata da due perle avvincenti quanto il romanzo stesso. Un’intervista di Bryan Woolley all’autore, in cui Williams dice cose illuminanti sulla lettura di immortali opere letterarie da parte di studenti e giovani in genere, in particolare sulla soddisfazione tutta personale nell’approdare da soli alla scoperta di un capolavoro, senza che sia imposto o consigliato da chicchessia.

Ne parla da professore, Williams. Non da autore di romanzi, finalmente apprezzato e celebrato, ma, come il suo personaggio Stoner, da colui che ha dedicato una vita ad istillare nei giovani il tarlo mai sopito della conoscenza e della curiosità, considerando il successo una pura casualità.     

A riprova di quanto sopra si consulti l’appendice finale, in cui viene pubblicata la corrispondenza tra l’autore e la sua agente in vista della pubblicazione del romanzo. Un’alternanza di aspettative e frustrazioni che dal 1963 al 1965 costellano le infinite revisioni a cui il manoscritto viene sottoposto. Un simpatico dietro le quinte per qualsiasi lettore, ma una vera rivelazione per chiunque si sia mai trovato a proporre un romanzo in lettura a una casa editrice. Che sessant’anni fa le cose andassero esattamente come oggi un po’ ci rinfranca, un po’ ci sconcerta, e, alla fine, qualcosa da invidiare al Professor Stoner la troviamo davvero: la sua pervicacia.   

Articolo a cura di Piero Malagoli