Le guerre che hanno imperversato in Afghanistan sono state tante, e la nostra generazione conosce bene la situazione difficile che attraversa una terra inquieta, che, ad oggi, ancora non conosce pace. A ripercorrere la storia dell’Afghanistan si capisce, dopotutto, il perché di questa situazione.

Storia di un’Afghanistan difficile lunga mille anni

Una definizione, dalle origini lontane e contestate, di cui ancora non si sa con certezza chi sia l’autore, definisce l’Afghanistan come “la tomba degli imperi”: molti, infatti, sono stati gli imperi che hanno cercato di controllarla e conquistarla, però invano. Crocevia di grandi potenze, il territorio afghano è stato bramato da molti: “Nelle montagne più remote esistono tribù che non solo non sono mai state conquistate, ma che non hanno mai visto radicarsi un potere interno”, così esordisce lo storico Stephen Tanner, autore del libro Afghanistan, a Military History. E come la storia ci insegna, è solo nel momento in cui conosciamo le cause che possiamo capire chi siamo oggi, e capire perché la situazione afghana sia così complicata e difficile da risolvere.

Nonostante il terreno aspro, difficile e poco accogliente l’Afghanistan è sempre stato l’obiettivo dell’espansionismo di imperi vicini e lontani, principalmente per la sua posizione strategica. Da qui passava la Via della Seta, e arabi, greci, fenici, ma poi l’India, l’Iran, la Cina, l’Unione Sovietica, ha cercato di soggiogare il popolo afghano. Ma per comprendere i fili della storia che ci portano fino ai giorni nostri, bisogna tornare al 1893, anno in cui la Gran Bretagna e l’Afghanistan firmano un trattato che segnava il confine tra l’India britannica e l’Afghanistan. Una linea che in realtà non esisteva davvero, ma immaginaria, posta per questioni di strategia politica coloniale, limitando la comunità pashtun, che oggi ancora è la maggioranza etnolinguistica del territorio afghano.

Il cuore del problema afghano: gli anni Quaranta e la Guerra Fredda

Successivamente l’Afghanistan diventa indipendente dal 1919, e successivamente negli anni Quaranta dichiara non valido il trattato precedente e rivendica la propria influenza sui pashtun al di là dei confini con l’India britannica. La comunità pashtun rimane divisa, e questo diventa il cuore del problema afghano.

L’Afghanistan continuava a reclamare i diritti sui pashtun oltre i propri confini territoriali, così facendo la situazione diventava sempre più complessa, tra tensioni tra etnie, religioni, e territori. Così il Pakistan decide di utilizzare gruppi islamisti per risolvere la questione dei confini e far pressione sull’Afghanistan. E’ questo il fulcro di ciò che poi si riverserà nei giorni nostri: una questione di aree di influenza che caratterizzerà poi una storia lunga più di 60 anni.

Siamo nella Guerra Fredda, e il Pakistan, insieme all’Arabia Saudita e agli Stati Uniti, ha finanziato e armato i mujaheddin, che in quel momento stavano lottando contro il governo di matrice sovietica in Afghanistan, e contro gli stessi sovietici, definiti i nemici della patria islamica per eccellenza. Questa forte accezione patriottica spinge i mujaheddin a continuare il conflitto, fino a sfociare, nel 92 in una vera e propria guerra civile.

Perché oggi la questione afghana è più importante che mai?

E’ proprio negli anni Novanta che si impongono i talebani, dal taglio più estremista e dalla lettura del Corano più conservatrice. E la figura dei talebani diventa importante per il nostro filo conduttore tra la storia, che ci porta all’ 11 settembre 2001 e al 7 ottobre, in cui si da il via all’operazione militare Enduring freedom, che mira a distruggere l’emirato talebano e alla “missione di pace” volta a “esportare la democrazia” in Afghanistan. Da quel lontano 2001 l’Afghanistan non ha più conosciuto pace: si giunge a qualche settimana fa. L’Afghanistan non esiste più, e si trasforma nell’ Emirato Islamico dell’Afghanistan. E i talebani conquistano Kabul. E dopo venti anni, gli Stati Uniti e le forze Nato decidono di ritirare le truppe, e la popolazione civile scappa in massa verso l’Occidente, regalando all’umanità immagini difficili da accettare. Ma perché i talebani sono riusciti ad accedere al potere? Cosa è andato storto nell’intervento statunitense di “esportazione della democrazia”. Elisa Giunchi, docente in Storia e istituzioni dei Paesi musulmani all’Università degli studi di Milano, in un’intervista al Fatto Quotidiano risponde così a questa domanda: “Nonostante vent’anni di intervento militare da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati i talebani non sono mai stati sconfitti realmente, e sono andati occupando aree via via più ampie del territorio, fino a controllare 4-5 anni fa circa il 40 per cento del Paese“. I talebani, secondo Elisa Giunchi: “Hanno imparato l’arte della diplomazia. La corrente pragmatica del movimento, che sta prevalendo, si rende conto che per ottenere il riconoscimento della comunità internazionale è necessario presentare al mondo un’immagine leggermente più soft di quella che li ha resi noti negli anni Novanta”

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