Arriva un super-anticorpo monoclonale “made in Italy” per il Coronavirus. Sarà prodotto nel 2021 per tutta l’Italia.
Il super-anticorpo Coronavirus
La comunità scientifica sta lavorando già da tempo per scoprire nuovi metodi utili per sconfiggere il Coronavirus.
Tra questi troviamo il super-anticorpo monoclonale “made in Italy”, che sarà prodotto nel 2021 per tutta l’Italia:
“Puntiamo a iniziare la sperimentazione di fase 1 per dicembre, e di arrivare alla fine della fase 2 rinforzata in primavera, per presentare a marzo il dossier per l’autorizzazione. L’obiettivo è di arrivare con le prime 100.000 dosi tra aprile e maggio. E possiamo dire che tutto quello che lo stabilimento Menarini di Pomezia potrà produrre nel 2021 sarà destinato all’Italia”.
Ha affermato Fabrizio Landi, presidente di Fondazione Toscana Life Sciences (Tls).
In un’intervista a due voci insieme a Lucia Aleotti, azionista e componente del Board di Menarini, ha fatto il punto sulla ricerca italiana che ha portato a selezionare un potentissimo anticorpo monoclonale specifico contro Covid-19.
La ricerca del super-anticorpo
La ricerca è stata guidata dallo scienziato Rino Rappuoli, chief scientist di Gsk Vaccines a Siena e coordinatore del Monoclonal Antibody Discovery (Mad) Lab di Fondazione Toscana Life Sciences:
“Il professor Rappuoli ci ha contagiato con il suo ottimismo. Ma davvero si tratta del frutto del lavoro di un gruppo di giovani cervelli eccezionali. Ci sarà la luce in fondo al tunnel: nei prossimi mesi arriveranno cure specifiche e vaccini”.
“Le misure adottate fino ad ora, come distanziamento e mascherine, però, sono efficaci. Basta controllare le vendite degli sciroppi per la tosse e degli antibiotici in farmacia, che sono crollate. Le persone non sviluppano i soliti malanni respiratori per via del distanziamento sociale”.
Il vaccino
Landi ha poi continuato:
“Nel frattempo sta andando avanti la ricerca sul vaccino, anche se ho trovato molto irrituale l’annuncio di Pfizer prima di consegnare il dossier. Detto questo, il vaccino ha un grosso problema di logistica: deve essere conservato nell’azoto liquido ed è per questo che è stato coinvolto il Pentagono. Ma certo i dati sono interessanti, e ne arriveranno altri. Inoltre siamo in 5 a lavorare sugli anticorpi monoclonali: 4 grandi farmaceutiche e noi con Menarini”.
“Forse noi stiamo un po’ indietro perché il professor Rappuoli ha cercato la soluzione ideale: ovvero una somministrazione intramuscolo, possibile perché il nostro anticorpo è potentissimo e non richiede un’infusione endovena. Dobbiamo tenere duro in questi mesi, e poi arriveranno anche gli antivirali e avremo ricostruito l’armamentario con cui l’umanità ha affrontato le malattie del passato. Ma se i vaccini sono importanti, è fondamentale avere strumenti anche per terapia e profilassi”.
“Se infatti l’immunizzazione non funziona al 100% su tutti o lo fa per un tempo limitato, ecco che si comprende l’utilità degli anticorpi monoclonali. Quanto a noi, l’obiettivo è che Menarini Biotech a Pomezia riesca ad avere le dosi per le prove cliniche per dicembre: così partiremo con una rapida fase 1 per dimostrare la sicurezza in due centri, fra cui lo Spallanzani”.
“Ci aspettiamo che vada tutto bene, anche perché l’anticorpo è la copia industrializzata di un anticorpo umano”.
La fase 2 rafforzata
Landi ha spiegato:
“Poi partirà la fase 2 rafforzata, che puntiamo a concludere tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, per un’approvazione solo per l’Italia sotto l’egida di Istituto superiore di sanità e Aifa (Agenzia italiana del farmaco). L’obiettivo è presentare il dossier a marzo e avere le prime 100.000 dosi tra aprile e maggio”.
Lucia Aleotti assicura, dal canto suo, che:
“Pomezia ce la farà. Ci sono le competenze e le strutture, gli investimenti sono stati fatti e il motore è al massimo per superare questa sfida. Abbiamo 87 dipendenti dedicati e devo dire che, dopo aver incontrato i ricercatori del Mad (Monoclonal Antibody Discovery) Lab di Fondazione Toscana Life Sciences sono rimasta davvero impressionata: è un gioiello”.
Sulla stessa scia, Landi, ha detto:
“Al Mad Lab lavorano 16 giovani cervelli italiani ma anche stranieri più Rappuoli, con le competenze giuste. Non servono gruppi enormi ma di alto livello, un po’ come nell’Italia del Rinascimento”.