Serena Williams, la dominatrice incontrastata del tennis moderno, a quasi 38 anni, è chiamata ad un’ulteriore impresa per entrare nella leggenda. Con 23 slam in bacheca la statunitense è infatti lontana un solo Major dal record dell’ infinita Margaret Smith Court. Un ultimo step divenuto però una maledizione per la più piccola delle sorelle Williams, a secco di Slam dagli Australian Open 2017.
Con quasi 38 primavere sulle spalle, le stesse di un’altra leggenda di nome Roger Federer, la carriera di Serena Williams non può considerarsi affatto terminata. L’americana, dopo aver dominato in lungo ed in largo il circuito femminile negli ultimi vent’ anni, è chiamata ad un’ultima impresa che potrebbe incoronarla come la più grande di sempre. Lo slam #24 la aspetta.
Un ennesimo gradino da scalare che, se all’ apparenza potrebbe apparire alla portata di “The Queen”, sta divenendo in realtà un tabù impossibile da sfatare. Archiviato il successo negli Australian Open 2017, Serena si è allontanata dai campi per concentrarsi sulla gravidanza giunta nel periodo finale. Ripresa la racchetta in mano ad Indian Wells l’anno successivo, la numero 9 del mondo è però caduta nella “maledizione di Margaret Court” perdendo tre finali degli slam.
Serena Williams un nuovo caso di “braccino del tennista”?
Abbiamo fatto 23, facciamo 24…anzi no!
Trionfare in Australia, divenire mamma per la prima volta e rientrare in pochi mesi. Un programma ambizioso portato a termine con successo dalla giocatrice con il miglior servizio del circuito. Concluso un 2017 speciale soprattutto fuori dal campo con l’arrivo della piccola Alexis Olympia, la reginetta del tennis decide di rindossare il completo da gioco per inseguire nuovi record, primo fra tutti quello relativo al numero di slam vinti in singolare.
Il primo major in programma dopo il rientro è il Roland Garros dove Serena ha trionfato tre volte, l’ultima nel 2015. Sulla terra parigina le sensazioni sono buone, anzi ottime. Ma qualcosa va storto: dopo aver superato i primi tre turni con un solo set lasciato per strada, la statunitense accusa un problema al pettorale destro prima della sfida con Maria Sharapova che la costringe al ritiro.
Fallito il primo appuntamento con la storia, la Williams appare determinata a riprovarci sull’ erba inglese di Wimbledon. In quel di Londra The Queen sembra essere tornata quella del 2002, anno del suo primo trionfo ai Championships. Due settimane gestite quasi alla perfezione: solo l’italiana Camilla Giorgi ai quarti di finale riesce a strapparle un set.
Gli ingredienti per entrare nella leggenda ci sono tutti. 36 anni, l’evento più importante dell’anno, un solo set perso sino alla finale. Ed invece niente da fare ancora una volta. In finale Serena viene spazzata via dalla tedesca Kerber con un doppio 6-3 che non lascia spazio a recriminazioni.
Lo slam numero 24 si sta trasformando in un incubo. La Williams lo sa e spera di trovare l’antidoto nel torneo di casa, gli U.S. Open.
Non c’è due senza tre…
Ritrovare la giusta tranquillità per tentare l’ultimo assalto del 2018 in quel di New York. L’attuale numero 9 del ranking, nonostante un’estate povera di risultati, gioca un tennis quasi insostenibile per le sue avversarie: nei sei turni che precedono l’atto conclusivo passeggia sul cemento di Flushing Meadows concedendo solo 30 games totali alle avversarie.
In finale si trova opposta alla giovane giapponese Naomi Osaka, giustiziera dell’ americana a Miami qualche mese prima. Serena sente la pressione e la giovane avversaria, dotata di un sangue freddo non indifferente, ne approfitta. Due break nel primo set portano in vantaggio la Osaka. Nella seconda partita la Williams, infuriata prima per un warning dovuto ad un coaching e poi per un penalty point generato da una racchetta lanciata, ha una crisi di nervi che spiana la strada alla giapponese. Serena perde la testa e la finale arrivando ad accusare addirittura l’arbitro di essere un ladro.
L’ incantesimo Margaret Court inizia ad assumere contorni preoccupanti con il Major #24 rimandato a data da destinarsi a seguito della decisione di chiudere la stagione dopo la delusione casalinga.
Serena Williams, ama il tuo sogno seppur ti tormenta
Un 2018 chiuso male ed un 2019 iniziato ancor peggio. Con le ferite degli U.S. Open non ancora del tutto rimarginate, la Williams cerca di ritrovarsi agli Australian Open, due anni dopo l’ultimo slam vinto. Sembrerebbe andare tutto nel verso giusto, fino ai quarti di finale dove trova la Pliskova. Ne esce uno show per gli amanti del tennis ed un dramma per Serena. Nel terzo set, complice anche un fastidio alla caviglia, l’americana si fa rimontare da 5-1 sciupando tre match point prima di venire sconfitta 7-5. Uno stop improvviso ed inaspettato che getta la più giovane delle sorelle Williams nello sconforto più totale.
La situazione non migliora al Roland Garros, appuntamento al quale giunge dopo una primavera travagliata dagli infortuni. Superati i primi due impegni certamente non proibitivi, abbandona Parigi al terzo turno nel confronto con la connazionale Sofia Kenin, brava a sfruttare la sua giornata di grazia ed i tanti errori dell’avversaria.
Scivolati via i primi due “record point”, l’occasione per ripartire si chiama Wimbledon. Serena si presenta tirata a lucido all’ evento londinese e, anche grazie ad un tabellone amico, supera i vari turni che la separano dalla finale senza grandi preoccupazioni riuscendo a risparmiare, peraltro, energie preziose. Nell’ atto conclusivo che la divide dal tanto agognato slam numero 24 incontra la romena Simona Halep, già vincitrice del Roland Garros 2018.
Sovvertendo ogni previsione, a dominare è la Halep che stronca sul nascere i sogni dell’americana in meno di un’ora di gioco. 6-2 6-2 il risultato finale con la nuova numero 7 del mondo capace di portarsi avanti nel primo set addirittura 4-0.
Serena, mai entrata veramente in partita, è costretta a guardare ancora da lontano il record di Margaret Court, leggenda destinata a rimanere tale almeno sino ai prossimi U.S. Open, dove la Williams farà di tutto per arrivare in fondo così da cancellare la brutta figura di dodici mesi ed entrare di diritto nella storia del tennis.