Test sierologici e indagine Istat: tutto quello che c’è da sapere

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Di Redazione Metropolitan

In quanti negli ultimi mesi hanno avuto sintomi influenzali e ora vivono col dubbio di aver contratto il Coronavirus? Oppure, in quanti hanno pensato di fare un test sierologico per vantarsi di possedere una patente d’immunità? Il test sierologico, in questo periodo di convivenza col virus, è uno strumento essenziale. Anche se è uno strumento prevalentemente di indagine sulla popolazione, numerose possono essere le motivazioni che ci spingono autonomamente ad effettuarne uno. Vediamo dunque nello specifico quando può essere utile effettuarlo e perchè.

Cosa sono i test sierologici

Tutti nelle ultime settimane abbiamo sentito parlare dei cosiddetti “Test sierologici“, ma ancora molte sono le domande sul loro significato e sulla loro effettiva utilità. Innanzitutto il test sierologico fornisce informazioni diverse rispetto al tampone. Quest’ultimo infatti è l’ unico attuale test diagnostico e scatta un fotografia istantanea al soggetto, identificandolo come positivo o negativo in quel preciso momento. I test sierologici invece possono individuare quelle persone che sono entrate in contatto col virus, in base alla presenza o all’assenza di anticorpi nel loro plasma. Gli anticorpi ricercati nel sangue sono due: le immunoglobuline IgM e IgG. Oggi esistono inoltre due tipi di test. I cosiddetti test rapidi permettono, grazie al prelievo di una goccia di sangue, di capire se si è mai entrati in contatto col virus. I test quantitativi invece, tramite prelievo venoso, rilevano la dose di anticorpi presenti nel sangue.

Quali anticorpi vengono rilevati e cosa significa essere positivi o negativi al test

Il virus come ormai sappiamo si trasmette per via respiratoria. Dopo essere entrato in contatto con le nostre cellule attraversa un periodo di incubazione di pochi giorni. Dopo questa prima fase, in cui il virus non si può né rilevare né trasmettere, emergono nel contagiato i sintomi della malattia e si attiva la risposta immunitaria. Questo sistema di difesa si concretizza con la produzione di due tipi di anticorpi (immunoglobuline): per primi vengono sintetizzati quelli appartenenti alla classe IgM e per secondi gli IgG. I primi sono protagonisti nelle prime fasi del contagio, e la loro concentrazione cala quanto intervengono le immunoglobuline IgG, ancora più potenti e specifiche per combattere il virus. Teoricamente un’elevata quantità di IgM indica un’infezione recente, mentre una forte presenza di IgG rappresenta un’infezione passata. Tuttavia, nel caso del Coronavirus, l’effettiva carica anticorpale si presenta anomala rispetto ai canoni classici, dunque vi sono ancora molte incertezze.

Se il test è negativo: la persona non è mai stata infettata oppure è stata infettata molto recentemente (il virus è ancora in incubazione) e non ha ancora sviluppato la risposta anticorpale al virus. Oppure la persona potrebbe essere stata infettata, ma la quantità di anticorpi che ha sviluppato è, al momento dell’esecuzione del test, al di sotto del livello di rilevazione.

Se il test è positivo: la persona è infetta oppure è stata infetta in precedenza. Non è possibile però sapere se la persona sia immune e per quanto tempo, se sia guarita oppure ancora contagiosa. Per questo motivo è necessario attenersi all’isolamento domiciliare fino all’esecuzione del tampone naso-faringeo per ricerca del RNA virale. Solo con la negatività del tampone si può uscire dal periodo di quarantena di 14 giorni.

A cosa servono i test sierologici: l’indagine Istat su 150 mila abitanti

I test sierologici sono fondamentali per capire la diffusione del virus nella popolazione, per individuare le fasce d’età principalmente coinvolte e per stabilire un rapporto tra contagi e decessi. Dal 4 maggio il Governo ha messo a disposizione 150mila test ed ha approvato il decreto per autorizzare l’indagine coordinata dal Ministro della Salute e Istat. E’ attivo un call center di 300 persone della Croce Rossa, che sta provvedendo a chiamare i 150mila italiani selezionati, attraverso un numero che inizia con 06.5510. Il testo del decreto prevede l’autorizzazione al trattamento dei dati personali, relativi alla salute e al corredo genetico, per fini statistici e studi scientifici svolti nell’interesse pubblico. I comuni coinvolti nel campione sono 2.015 su tutto il territorio nazionale.

Tweet del Ministro della Salute

La rilevazione è partita ufficialmente il 25 maggio e non vi è l’obbligo di accettare la richiesta. Elevata è ora la percentuale di italiani che hanno rifiutato di sottoporsi all’indagine di sieroprevalenza. Molti non rispondono alla chiamata della Croce Rossa e altri, probabilmente timorosi di dover affrontare la quarantena di 14 giorni in caso di positività, decidono di non presentarsi. E’ molto importante ricordare che il campione selezionato non è casuale, ma accuratamente scelto dall’Istat secondo criteri specifici. Pertanto accogliere la chiamata per effettuare il test sierologico è di fondamentale importanza.

A chi è consigliato il test sierologico

Coloro che, desiderosi di sottoporsi al test, non venissero selezionati nell’indagine, possono rivolgersi a laboratori privati per effettuarlo autonomamente. La possibilità di effettuare questi test e le modalità di accesso sono stabilite dalle singole regioni, mentre le fasce di prezzo stabilite dai singoli centri. Non sempre però sottoporsi al test può essere utile. E’ infatti consigliato solo a tutti coloro che non abbiano già avuto una conferma di positività con il tempo e hanno il sospetto di avere contratto l’infezione. E’ importante essere consapevoli che l’esito del test sierologico e dell’eventuale tampone verrà comunicato all’ATS di residenza del paziente.

Perchè non possiamo contare su una patente d’immunità

Non ci possiamo permettere di crearci false illusioni: il test purtroppo non offre alcuna patente d’immunità. Ovvero, nel caso fossero presenti gli anticorpi nel sangue, non si può pensare di essere finalmente inattaccabili dal virus, poichè è ancora incerto il periodo di tempo in cui le difese immunitarie rimangono in circolo. Sarebbe dunque molto pericoloso se ci si sentisse in qualche modo protetti da un ulteriore contagio. Come detto in precedenza il virus denominato SARS-Cov-2 si presenta anomalo rispetto a quelli già conosciuti, pertanto sono ancora in corso studi scientifici per delinearne le caratteristiche.

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