Test sierologici, tamponi, test rapidi: quali sono le differenze? Quali scegliere? Se ancora si attende il vaglio del ministero della Salute per il test rapido salivare che permetterebbe di avere in tre minuti il risultato di positività o meno al coronavirus, sono diversi già adesso i modi che possono segnalare la positività o negatività al Covid-19.

Test sierologici, tamponi, test rapid, quali sono le differenze? E quali i margini di errore?

Come scritto a chiare lettere nella circolare del Ministero della salute del 29 settembre scorso, in cui proprio in occasione dell’approvazione dell’uso dei test rapidi nelle scuole si riepilogano gli strumenti a disposizione e il loro impiego, il test molecolare è attualmente quello “più affidabile per la diagnosi di infezione da coronavirus”, l’unico per l’Oms. Si esegue “su un campione prelevato con un tampone a livello naso/oro-faringeo, e quindi analizzato attraverso metodi molecolari di real-time Rt-Pcr (Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction) per l’amplificazione dei geni virali maggiormente espressi durante l’infezione”. Può essere analizzato “solo in laboratori altamente specializzati, individuati dalle autorità sanitarie, e richiede in media dalle due alle sei ore dal momento in cui il campione viene avviato alla processazione in laboratorio”. Nella pratica il risultato può essere comunicato anche dopo qualche giorno.

Il test sierologico è un esame del sangue che permette di rilevare la presenza nel sangue di anticorpi (immunoglubuline IGG e IGE) eventualmente sviluppati da chi è entrato a contatto con il virus. “Il tampone ci dà l’idea della malattia in corso, dell’infettività in questo momento. Il test sierologico è una stimmata di risposta dell’organismo che tra l’altro rappresenta 14 giorni prima del momento della esecuzione, perché la positività del test sierologico, cioè della risposta anticorpale, si completa a distanza dalla infezione.

Test sierologici

Invece, i test sierologici ricercano in campioni di sangue la presenza di anticorpi contro Sars-Cov-2 sviluppati dalla persona in precedenza: non hanno scopo diagnostico e non sono uno strumento per il contenimento del contagio. Sono sì più rapidi dei test molecolari, ma non danno informazione sulla contagiosità di un individuo. Per capirci, un test sierologico negativo non esclude che la persona sia stata infettata, magari da pochissimo, né dunque che sia contagiosa. Per questo non servono per fare diagnosi di Covid-19, ma vengono usati come test di screening per indagini epidemiologiche, che fotografano la diffusione del virus tra la popolazione.

Test rapidi

Ma ci sono anche i test rapidi al polpastrello, che analizzano una gocciolina di sangue prelevata dal dito e danno il risultato in 15 minuti. “I test al polpastrello non sono validati, hanno un margine di errore abbastanza elevato. Sono interessanti per uno studio epidemiologico per una valutazione periodica, perché fare tamponi o prelievi tutti i giorni non è possibile. Invece una frequenza non esagerata, a 15 o 30 giorni, può permettere di fare uno screening della situazione di diffusione in una determinata comunità del virus”