
Nei giorni scorsi l’argomento Testimoni di Geova e trasfusioni di sangue è tornato di nuovo alla ribalta. In questo articolo cercheremo di spiegarvi perché i seguaci di Geova rifiutano trasfusioni di sangue e trapianti, commentando l’ultimo fatto di cronaca avvenuto nel casertano.
Pochi giorni fa l’argomento Testimoni di Geova e trasfusioni di sangue è ritornato tristemente alla ribalta. Dico tristemente perché purtroppo la decisione di rifiutare le trasfusioni ha portato una signora alla morte in un ospedale del sud Italia.
Testimone di Geova rifiuta trasfusione di sangue e muore in ospedale
Avevamo già avuto modo di parlarvi della bambina che stava per perdere la vita per il rifiuto da parte dei suoi genitori di qualsiasi genere di trasfusione, ma a distanza di pochi giorni il tema Testimoni di Geova e trasfusioni si è impossessato di nuovo della cronaca. Solo che questa volta la paziente Testimone di Geova ha perso purtroppo la vita. Ecco la storia.
Una donna di 70 anni si era recata nell’ospedale di Piedimonte Matese, nel casertano, dove le era stata diagnosticata un’emorragia causata da un’ulcera. Nulla di grave e tutto risolvibile con una semplice trasfusione di sangue. Subito però si è presentato un problema: la signora, essendo Testimone di Geova, spinta da forti convinzioni religiose, ha deciso di non ricevere la trasfusione. A nulla sono valse le rimostranze e le insistenze del personale medico, tanto che anche i figli e parenti dell’anziana hanno obbligato i sanitari a rispettare le scelte di quest’ultima.
Scontro tra medici e Testimoni di Geova nel casertano: trasfusione di sangue rifiutata
Dopo il triste avvenimento, il primario del Reparto di Chirurgia Generale, Gianfausto Iarrobino, ha commentato con rabbia l’accaduto:
Dichiarazione rilasciata da Gianfausto Iarrobino a la Repubblica
Racconta poi il primario di come gli fosse già accaduto di confrontarsi con il rifiuto di trasfusioni di sangue da parte di appartenenti al movimento dei Testimoni di Geova, ma di come la cosa si fosse risolta in positivo:
- nel primo caso infatti l’ospedale ebbe l’autorizzazione alla trasfusione di sangue da parte del tribunale dei minori, visto che il paziente Testimone di Geova era un minorenne e non aveva ancora raggiunto i 18 anni;
- nel secondo caso invece il paziente, per quanto Testimone di Geova, versava in uno stato di incoscienza e quindi non poteva confermare la sua volontà di rifiuto delle trasfusioni di sangue come prescritto dal loro codice religioso.
La risposta dei figli della paziente deceduta alle accuse del primario contro i Testimoni di Geova
In risposta a tutto il trambusto generato da questa morte evitabile secondo l’opinione della maggior parte dei medici, non si è fatta attendere la risposta dei figli della donna, che hanno difeso la volontà della madre nel rifiutare la trasfusione di sangue. In una lettera da loro scritta infatti, affermano:
Parte della lettera dei figli della signora Testimone di Geova deceduta dopo aver rifiutato una trasfusione riportata su la Repubblica
L’accusa ai medici che non hanno voluto curare la paziente con metodi alternativi alla trasfusione di sangue accettati dai Testimoni di Geova
I figli della signora deceduta, nella lettera formulata in risposta alle rabbiose dichiarazioni del primario del Reparto di Chirurgia Generale, afferma che non sono state portate a termine terapie alternative alla trasfusione accettate dai Testimoni di Geova. Nel resto della lettera dicono infatti che:
«i medici non le hanno somministrato prontamente farmaci che innalzassero i valori dell’emoglobina. Lo hanno fatto solo due giorni dopo dietro nostra insistenza. […] Si sono limitati a chiedere insistentemente di praticare l’emotrasfusione».
Parte della lettera dei figli della signora Testimone di Geova deceduta dopo aver rifiutato una trasfusione riportata da la Repubblica
Proseguono poi affermando di come abbiano fatto arrivare materiale scientifico al personale medico locale inerente i metodi efficaci alternativi all’emotrasfusione. Quest’ultimo avrebbe recepito solo in modo parziale le indicazioni e le avrebbe applicate troppo tardi. Aggiungono poi che comprendono la frustrazione del primario, che non è stato in grado di curare la paziente con metodi alternativi alla trasfusione di sangue. Dall’altra parte però non accettano né i suoi insulti né le sue affermazioni false riguardo all’accaduto.
Trasfusioni di sangue e trapianti di organi: perché i Testimoni di Geova li rifiutano?

Per rispondere a questa domanda sarà meglio partire dalle basi. In cosa credono i Testimoni di Geova? Quali sono i fondamenti della loro pratica?
Le origini del credo
Tutto nacque dal Movimento di Studenti della Bibbia, fondato in Pennsylvenia da Charles Taze Russell nel 1870. Russell, che riuscì a convogliare un po’ di persone nel movimento, affrontò una crisi spirituale dettata dalle opinioni controverse professate dalle varie correnti di cristianesimo presenti e attive negli Stati Uniti di quegli anni. In seguito a questa crisi giunse alla conclusione che fosse necessario studiare la Bibbia in quanto fonte stessa della parola di Dio. In seguito a varie vicissitudini di incontro e scontro con personaggi provenienti da altre correnti di cristianesimo, il movimento ottenne un discreto successo.
La morte di Charles Taze Russell
Dopo la morte di Charles Taze Russell, il nuovo leader, Joseph Franklin Rutherford, improntò il movimento su fervore missionario e cieca obbedienza alla volontà di Dio.
I primi problemi dei Testimoni di Geova con le pratiche mediche: le vaccinazioni
Anche se questo punto è ancora discusso da molti credenti del movimento, sembrerebbe che negli anni ’20 quelli che in futuro si chiameranno Testimoni di Geova si mostrarono contrari alle vaccinazioni. Il motivo? Sempre un problema di iniezione. Stando infatti a una loro rivista del 1929:
«Siccome la vaccinazione è una iniezione diretta di sostanza animale nel circolo sanguigno, la vaccinazione è una diretta violazione della legge di Geova Dio»
The Golden Age, del 5 gennaio 1929
Interpretazione letterale e personale della Bibbia con molti moti millenaristi
Partendo dal presupposto che bisogna leggere la Bibbia per conoscere la volontà di Dio dalla sua fonte privilegiata, tra i Testimoni di Geova si sviluppa una visione millenarista estremamente forte, che vede la fine del mondo e l’apocalisse sempre più prossima. Proprio per questa vicinanza all’apocalisse e al giudizio divino, i Testimoni di Geova sono spinti a comportarsi nel modo più corretto possibile secondo il loro credo:
- da una parte i Testimoni di Geova hanno uno spiccato sentire missionario in qualità di credenti devoti alla pratica dell’evangelizzazione;
- dall’altra parte i Testimoni di Geova sono ben attenti a rispettare la parola di Dio nel modo in cui la interpretano leggendo in modo letterale la Bibbia.
Il problema con le trasfusioni di sangue e con i trapianti di organi per i credenti in Geova
La scelta dei Testimoni di Geova di negarsi trasfusioni di sangue e trapianti di organi deriva da questo passo del Levitico:
«E’ una prescrizione rituale perenne per le vostre generazioni in ogni vostra dimora: non dovrete mangiare né grasso né sangue»
Levitico 3:17
E da questo passo degli Atti:
«ma che si scriva loro di astenersi dalle cose contaminate nei sacrifici agli idoli, dalla fornicazione, dagli animali soffocati, e dal sangue»
Atti 15:20,29
Secondo la loro interpretazione letterale della Bibbia infatti, questi passi includerebbero qualsiasi forma di contatto con materiale organico umano o animale, come sangue e organi, per l’appunto. Per quanto a un esterno a questa pratica religiosa possa sembrare estremo, per un Testimone di Geova una trasfusione di sangue o un trapianto di organo rappresentano una violazione alla parola del Dio creatore della Bibbia. Se da una parte una trasfusione può significare salvezza dal punto di vista materiale e corporeo, dal punto di vista di un seguace del movimento essa rappresenta contaminazione e impurità.
L’accusa dei figli della paziente deceduta e i metodi alternativi alle trasfusioni di sangue
Ritorno alla lettera dei figli della paziente Testimone di Geova in risposta alle pesanti rimostranze del primario del Reparto di Chirurgia Generale dell’ospedale nel casertano protagonista della vicenda. Il punto più interessante di tutta la lettera è infatti l’accusa di negligenza, neanche troppo velata, al personale medico che ha assistito la signora. Si accusa infatti questo di non aver voluto minimamente prendere in considerazione l’uso di pratiche terapeutiche efficaci e alternative alle trasfusioni. Secondo loro infatti esse sarebbero addirittura arrivate troppo tardi rispetto a una tempistica che le avrebbe rese efficaci. In aggiunta a questo poi loro accusano, sempre non velatamente, il primario di aver insistito sulla trasfusione di sangue solo perché incapace nell’uso di pratiche alternative in linea con il credo dei Testimoni di Geova.
citazione dal sito ufficiale del movimento dei Testimoni di Geova riguardo all’annosa questione sulle trasfusioni di sangue
Religioni e Medicina: una relazione non troppo felice da entrambi i fronti
In effetti dei metodi alternativi, anche se non efficaci come le trasfusioni di sangue, in medicina ci sono e sono stati anche applicati con successo.
- Estensori del volume: somministrazione di le soluzioni che ampliano il volume del plasma;
- Fattori di crescita: agenti che aiutano il midollo osseo a produrre più globuli;
- Trasfusione di sangue da se stessi: questa pratica, detta anche trasfusione autologa, consiste nel rimettere in circolo il sangue del paziente dopo averlo filtrato.
Riguardo a ciò che è accaduto ci sono allora tre strade possibili:
- i medici hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per salvare la signora in modo alternativo, ma la trasfusione di sangue era rimasta l’unica soluzione per salvarle la vita;
- i figli della signora hanno detto il vero quando hanno parlato di come la trasfusione di sangue sia stata proposta a loro subito come unica possibilità, senza valutare metodi alternativi fin dall’inizio della presa in carico della paziente (mostrando anche un discreto pregiudizio nei loro confronti in qualità di Testimoni di Geova);
- il personale medico e lo stesso ospedale non erano attrezzati per venire incontro a tutte le esigenze di stampo religioso della paziente e dei figli da un punto di vista medico.
Uno sguardo sulla falsariga dell’antropologia medica: Testimoni di Geova e trasfusioni di sangue come problema sociale?
Ciò che è accaduto, come abbiamo visto, ha vari punti di analisi che esulano dal mero giudizio di pancia. Da una parte abbiamo un primario che si è sentito profondamente turbato dall’accaduto. Per lui, stando alle sue stesse affermazioni, è stato come assistere a un suicidio assistito senza aver mai deciso di prendervi parte. Dall’altro punto di vista poi ci sono le ragioni religiose dei Testimoni di Geova. Per loro una trasfusione di sangue o un trapianto di organo equivalgono al mangiare carne di maiale per un ebreo ortodosso. Solo che il risultato finale porta inevitabilmente, se le terapie alternative non funzionano, alla morte di un essere umano.

I figli non erano felici di vedere la propria madre morire in preda a un furore mistico, erano però decisi nel rispettare la volontà di questa che, tra disobbedienza alla parola del suo Dio e la morte, ha preferito la morte. Dall’altro punto di vista poi in realtà si aprono molte domande di altra natura, ma dal forte impatto sociale.
Testimoni di Geova e trasfusioni di sangue: deve la sanità pubblica rispettare i tabù religiosi dei Testimoni di Geova e di altri movimenti religiosi?
Se ci fosse stato un pregiudizio latente nei confronti della paziente e dei suoi figli a causa del loro credo, la questione si farebbe importante. Tutto ciò avrebbe portato infatti a un ritardo nella somministrazione delle pratiche alternative all’emotrasfusione. Si aprirebbe un discorso interessante su come il personale medico sia ancora poco formato nel gestire persone con tabù religiosi molto forti. Imparare a gestire queste situazione come questa inerente i Testimoni di Geova infatti permetterebbe di venire incontro a loro come credenti e come pazienti. Questo faciliterebbe moltissimo la presa in carico e la cura di certi pazienti, ottimizzando i risultati nel limite del possibile.
Nel caso in cui l’ospedale invece non fosse stato preparato a gestire la problematica della paziente con pratiche alternative all’emotrasfusione, si aprirebbe un’altra questione seria. Devono la sanità pubblica e le sue strutture sul territorio italiano venire incontro nelle loro possibilità a delle richieste religiose attrezzandosi di conseguenza? O devono rifiutare la cosa per partito preso nonostante il numero di cittadini appartenenti a movimenti come quello dei Testimoni di Geova sia grande?
di Eleonora D’Agostino
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