“Parlo con Joseph Castleman? È un grande onore comunicarle che è stato designato come vincitore del Premio Nobel per la letteratura di quest’anno”. Inizia così l’avvincente storia. Una telefonata, e l’arrivo imminente di bottiglie incartate, regali e cotillon al cospetto del premiato scrittore. Quarant’anni di talento, affascinante e carismatico uomo dalla penna fatata. Inconsapevoli i suoi lettori, che dietro le pagine dei libri, in un silenzio remissivo e ombroso, si nasconda un’altra persona. Stasera in tv “The Wife – Vivere nell’ombra“: “Oddio, mi sembra una cosa irreale. Come sto? Niente briciole, peli nel naso, sono a posto?”. Tutti fan così prima di un Nobel. Con Glenn Close, per il The Hollywood Report, nella “sua migliore interpretazione di sempre”.
“Io sono una creatrice di Re”. La paternità delle proprie opere regalata per amore; la carriera dello scrittore americano di origini ebraiche Joseph Castleman (Jonathan Pryce), divenuta gloriosa per merito di una donna, sua moglie Joan (Glenn Close). Il segreto di una vita rimarrà sepolto nell’ombra? Tratto dal bestseller della newyorkese Meg Wolitzer, “The Wife – Vivere nell’ombra“, sotto la mano del regista svedese Bjorn Runge, cambia struttura: la confessione del segreto, nel libro dichiarata sin da subito, è ritardata nel film. Che acquista tutta la sua potenza, nella genialità delle espressioni di Glenn Close. L’idilliaca marchesa de “Le relazioni pericolose“: “Io vi volevo ancor prima di conoscervi, lo esigeva la mia presunzione. Poi, quando cominciaste ad inseguirvi io vi volevo da morire.. la sola volta in cui mi son sentita dominata dal mio desiderio in un singolar tenzone“; La rivelazione bollente di “Attrazione fatale“, nel letto matrimoniale di Michael Douglas, o Crudelia per la Disney nella sua folle collezione de “La carica dei 101“. Ancora lei, Glenn Close, abile a plasmare ogni personaggio sulla propria pelle. Diventa cardine per il film, questa donna carica di non detti, che sopporta menzogne e tradimenti, ma pronta ad esplodere.
All’ombra di una penna..
Glenn Close per il film, ottenne un Golden Globe e un riconoscimento agli Hollywood Film Awards. Così come al San Diego Film Critis Society Awards. Nella pellicola ad interpretare lei da giovane, sarà sua figlia, Annie Starke. L’attrice ha dichiarato di essersi interessata alla storia ritrovando in questa molto di sua madre. E di aver voluto dar vita al ruolo anche in suo onore. In un mondo fatto di soli uomini, dove resta irrealizzato il sogno di diventare una scrittrice, la trama del film si infittisce di mistero, se pensiamo che Glenn Close voleva Gary Oldman, non disponibile, nel ruolo di Joe Castleman. Il vecchio, intramontabile Gary, da “Hannibal” a “L’ora più buia“, uno dei migliori della sua generazione.
“Dimmi che non si tratta di un grosso scherzo!”. “È tutto vero, tesoro!”, arriva rassicurante la risposta della moglie, prima ancora che l’umiliazione in lei prenda il sopravvento. Ha rinunciato alla penna e alla fedeltà dell’amato, tra bugie e risentimenti. Quanto potrà durare l’essere invisibile dietro un uomo? L’amore è come la morfina, rende sopportabile e insensibile un dolore. Ma poi il gioco finisce col rivendicare il proprio ruolo. “The Wife – Vivere nell’ombra“, riuscirà a essere anche emozionante, commovente, sorprendente per lo spettatore, con un qualcosa che fa bene all’animo. “Avevo delle aspettative molto basse su quello che avrei potuto ottenere come donna che scrive“. Non sarà soltanto la vittoria dell’emancipazione femminile, doverosa e scontata per un finale che si rispetti, ma, di più significativo, assisteremo all’arrendevolezza del cuore umano, difronte l’amore.
Briciole e sassolini nella scarpa
“Mia moglie non scrive“. Dirà Joe, il marito, con fare glaciale. Ma non c’è iceberg che, goccia dopo goccia, non possa sciogliersi. Scava la pietra, la goccia, se è d’amore specialmente. Una donna per il proprio uomo, potrà preparare le medicine, togliere le briciole dalla barba, rendersi indispensabile con ogni cura. Finché il rammarico di essere soltanto questo, ruberà la magia ai gesti, in principio densi di significato. “È inutile che ne parliamo, lo stai evitando come se fosse un cumulo puzzolente di letame che ho messo sulla tua scrivania“. Il ‘musa, amore, anima mia’, pare trafitto dalla quotidianità. La morale del film, non dice nulla che non abbia già detto Virginia Woolf nella frase ‘Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna‘. Ma chi non voglia badare a certe presunzioni, si lascerà trasportare nel film, dal segreto ambiente, con il protocollo e le stranezze, della fatidica cerimonia dei Nobel.
“Non ringraziarmi nel tuo discorso, non voglio essere ricordata come la povera moglie paziente. Lo capisci questo, vero?“. Chiede la moglie al marito prima della cerimonia di consegna del premio. Una sola frase indolore, vorrebbe dedicarle lui, nel fatidico momento, dall’alto della scena. Per non sembrare un ipocrita, e per adeguarsi a tutti i discorsi in cui si ringrazia d’obbligo qualcuno. Ma, il fragore degli applausi che seguiranno non copriranno le parole. Scelte per essere ricordate. “Senti, lo so che non volevi che ti ringraziassi nel mio discorso ma tu credi che quello che ho detto fosse una messinscena. Ogni parola era sentita. Dio, dammi un po’ di fiducia”.
Federica De Candia per Metropolitan magazine