Dumbo, il tenero e sfortunato elefantino di casa Disney, è in procinto di tornare sul grande schermo. Il “domatore” che guiderà le sue azioni sarà nientepopodimeno che Tim Burton. Ad accompagnare l’impresa dello stravagante regista, Ehren Kruger (Transformers 3 e 4, Scream 3, The Ring) e Justin Springer (Tron: Legacy).
Cosa succede quando l’inguaribile innocenza si incontra con la perturbante inquietudine? Ai posteri l’ardua sentenza, probabilmente. Una sentenza che pare non tarderà ad arrivare secondo le nuove che circolano in rete da qualche ora.
In uno stato attuale imbevuto di annunci su live-action, reboot e remake, quello sull’adozione di Dumbo da parte del buon Tim Burton ci è piovuto in testa in modo, paradossalmente, inaspettato. Nell’ essere un tipo, per natura, prevenuto con la stessa malleabilità di mia nonna che si trova davanti una giovane coppia screanzata nell’atto generoso di scambiarsi secrezioni salivali, ho avuto una reazione piuttosto strana. Direi quasi curiosa.
Dumbo, il film d’animazione del 1941, è il quarto Classico Disney. La storia, nota ai più, ha come protagonista un carinissimo cucciolo d’elefante che farà del suo handicap (le gigantesche orecchie) un valore aggiunto. Simbolo del “diverso”, deriso e perculato senza pietà e limite alcuno, il piccolo pachiderma riuscirà a ricongiungersi con la sua mamma e ad assurgere ad un doppio riscatto: morale e globale.
Il lungometraggio, uscito in un periodo storico segnato dalla guerra, fu realizzato con un budget assolutamente contenuto, ma fu definito un vero e proprio miracolo finanziario per il profitto che riuscì ad ottenere.
Successi incontestabili a parte, detto inter nos, Dumbo è provvisto di altri record: l’essere responsabile diretto di traumi dalla spiccata immutabilità nel tempo. Un risultato che, nelle scene più drammatiche, lo porta a competere con gli orfani Bambie e Simba e, voglio esagerare, con la canzone “C’è chi veglia su di te” di Bianca e Bernie: detentrice inossidabile di distruzione totale di resistenza dei condotti lacrimali altrui.
Ora, nella considerazione innocua atta a ricercare una compatibilità nel connubio tra l’adorabile bestia tutta occhioni languidi e il genio creativo folle e gotico di Tim Burton, proverei un attimo a considerare le eventuali potenzialità di un prodotto teoricamente apprezzabile nella sua stramberia. Burton, dalla carriera costellata di successi meritatissimi, potrebbe regalarci una visione alternativa e piacevole di un progetto apparentemente fondato su elementi inconciliabili.
Il live-action che unirà la CGI e le riprese dal vivo, riesumerà le vicende dell’indimenticabile protagonista, intrecciandole a quelle di una famiglia umana. Holt Farrier, interpretato da Colin Farrel, si prenderà cura di Dumbo; ma quando l’abilità del volo, datagli dalla dimensione smisurata delle sue orecchie, trapelerà in giro, l’imprenditore Vandevere (Michael Keaton) e l’artista Colette Marchant (Eva Green) irromperanno sulla scena con l’obiettivo di fare di lui una star di successo.
Un cast stellare che rispecchia la predilezione di Burton per alcuni dei suoi cocchi di mamma’. Notizie rassicuranti che si aggiungono al ragionevolissimo senso di turbamento nel rivedere l’iconica scena degli elefanti rosa partorita dall’estro, discutibilmente tranquillo, di zio Tim.
Prezioso materiale da cui i nostri incubi, in senso buono (?), potranno attingere o la dissacrazione di un cult, l’ennesimo, è alle porte?
ALESSIA LIO