Un vicebrigadiere dei carabinieri segretamente omosessuale, una ragazza disposta a tutto per realizzare il suo sogno di diventare medico, un poeta cieco e una serie di omicidi: sono questi gli ingredienti di Neroinchiostro, il romanzo di Sara Vallefuoco edito da Mondadori.
Nella migliore tradizione giallistica, seguiamo un uomo di legge alle prese con i demoni del piccolissimo paesino fittizio di Serra, situato tra Cagliari e Sassari, in un’aspra barbagia di fine Ottocento. Ora che le premesse ci sono tutte, non ci resta che scoprire un po’ di più dell’autrice e del suo libro grazie all’intervista che ci ha concesso.
Intervista a Sara Vallefuoco: a tu per tu con l’autrice e il suo Neroinchiostro
M.M.: Ciao Sara e grazie per averci concesso questa intervista. Partiamo dall’inizio: parlaci della genesi del tuo romanzo.
S.V.: Grazie a voi, per me è un piacere! Questa storia è nata da una scena che avevo in mente da molto tempo, e che non ero mai riuscita a trasformare in un racconto. Quando ho iniziato a pensare a un romanzo, mi è venuto naturale riprenderla in mano. Le ho trovato una collocazione nello spazio e nel tempo grazie a una fonte storica che mi aveva colpito molto, legata al brigantaggio in Sardegna di fine Ottocento, e poi ho inventato un prima e un dopo. Desideravo un giallo di stampo classico che mi consentisse di ritagliare un piccolo spaccato sociale in una terra di confine tra Ottocento e Novecento, nel momento in cui l’Europa compiva grandi passi avanti nel progresso scientifico e tecnologico, e il giovane
Regno d’Italia cercava ancora una sua identità. È un periodo per me di grande interesse, che coincide anche con la nascita delle scienze forensi e della moderna criminologia: praticamente irresistibile!
M.M.: Neroinchiostro è un giallo atipico perché lascia spazio all’introspezione del protagonista oltre che all’indagine in sé, creando una storia avvincente e umana. Da dove è nata la necessità di farci conoscere il vicebrigadiere Ghibaudo, i suoi pensieri e i suoi sentimenti?
S.V.: Pur scrivendo in terza persona, volevo raccontare questa storia attraverso gli occhi di uno dei personaggi. Ho scelto gli occhi di Ghibaudo perché è quello che più di tutti sta ancora cercando un’identità propria. Questa sua naturale (anche se spesso tormentata) fluidità nei pensieri e negli affetti lo porta a considerare ciò che gli accade in modo meno codificato, e per questo più interessante. In più, avevo voglia di lasciarmi guidare da un personaggio giovane, ancora acerbo per certi versi, che nel corso dell’indagine vive anche un suo personale percorso di formazione.
M.M.: Il tuo è un romanzo che potremmo definire di emancipazione. Pensi che la letteratura sia ancora oggi un mezzo efficace per diffondere un messaggio contenuto in una storia?
S.V.: Credo che la potenza della letteratura stia in se stessa, nella forza di una storia e delle parole che la raccontano. Anche dopo aver chiuso il libro quella forza continua a lavorare dentro di noi, in modo sia consapevole che inconscio. I messaggi invece si possono accogliere o rifiutare, possono far riflettere, ma restano un frutto esterno a chi legge e a chi
scrive. Non hanno lo stesso potere di trasformazione. Per questo la letteratura offre più spesso domande che risposte. Oppure una possibile risposta a domande che non abbiamo mai ascoltato prima, o che per paura non abbiamo osato formulare. Anche raccontando epoche diverse si possono mettere in luce aspetti del nostro essere uomini e donne oggi,
del nostro vivere quotidiano, familiare, sociale, amoroso, sofferto, violento. La storia non si ripete mai allo stesso modo, e tuttavia rivolgere lo sguardo a un secolo lontano dal nostro può darci un’idea della strada che abbiamo fatto come singoli e come comunità, o che ancora ci resta da fare.
Sara Vallefuoco prima e dopo Neroinchiostro
M.M.: Il finale di Neroinchiostro è aperto, ma nella nota finale dai qualche indizio su come sono andate poi le cose dopo il termine della vicenda. Ciò vuol dire che c’è la possibilità che Ghibaudo possa diventare un moderno investigatore “seriale” al pari di Hercule Poirot?
S.V.: Al momento posso dire che ho già immaginato per Ghibaudo un futuro prossimo in un nuovo contesto, in cui potrà mettere alla prova le esperienze accumulate sul campo, e a livello personale inseguire una diversa maturità. Se anche i lettori avranno lo stesso desiderio, sia io che lui ne saremo felici!
M.M.: Qual è stato il tuo primo approccio alla letteratura come lettrice e poi come scrittrice?
S.V.: Oggi sono una lettrice onnivora, ma agli albori della mia passione per la lettura sta proprio il genere giallo. Ricordo un libro della serie “Il Giallo dei ragazzi”, pubblicata da Mondadori. Si intitolava L’orologio che urla ed era attribuito ad Alfred Hitchcock (che non è il vero autore della storia). Fu una folgorazione: letto all’infinito. Più tardi, ho cominciato con metodo a esplorare il genere a partire dall’epoca classica del giallo, per arrivare a tutte le forme in cui nel tempo è andato declinandosi. Scrivere è un’attività che mi accompagna fin dai miei momenti solitari di bambina. Una volta adulta, mi è venuto naturale cimentarmi nel genere che conoscevo meglio. Ho iniziato scrivendo racconti, e ho continuato per lungo tempo senza osare una storia più lunga. Solo qualche anno fa i frutti sono maturati, ed è nato Neroinchiostro.
M.M.: Ritieni che con la pandemia in atto da ormai un anno l’approccio alla letteratura sia cambiato? Come hai vissuto questa situazione da scrittrice?
S.V.: I dati ci dicono che in quest’ultimo anno nel complesso abbiamo letto più che in passato. Non so dire però se davvero possiamo parlare di un approccio diverso e duraturo. Di sicuro, abbiamo dovuto rivedere il nostro rapporto con la lettura esattamente come abbiamo messo in discussione molte altre cose cui eravamo abituati. Mi è stato quasi impossibile continuare a leggere e scrivere nel primo periodo del lockdown. Il presente era talmente carico che non lasciava spazio a realtà altre. Poi, più o meno dal giugno scorso, ho sentito il bisogno di costruirmi una nuova quotidianità senza perdere troppo della precedente, nella strana normalità che avrebbe accompagnato tutti per un lungo periodo. Ho così ricominciato pian piano a leggere e scrivere, la realtà vissuta è tornata a intrecciarsi con quella delle storie, ed è stato un segnale assolutamente positivo. Spero che molti, come me, abbiano attinto alla lettura e alla scrittura come a una sorgente di equilibrio, resistenza, rigenerazione.
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Crediti dell’immagine in copertina: nitter.tedomum.net
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