Era il 2013 quando è andata in scena un’inaspettata finale scudetto tra Trento e Piacenza.
Due sestetti costruiti da giocatori di altissimo livello, con protagonisti d’eccezione a fine carriera ed altri talenti che la stavano iniziando.
Una partita punto a punto che ha spuntato la più testarda.
Trento e Piacenza: confronto tra due realtà pallavolistiche
Per quel Piacenza, arrivare a giocare la finale scudetto sembrava quasi un sogno.
Nel 2012/13, la Copra Elior aveva mantenuto gran parte del suo organico facendo però degli innesti molto intelligenti. Gli acquisti di Fei e De Cecco, accompagnati dal ritorno in campo si Robertlandy Simon hanno dato uno spessore importante alla rosa piacentina.
Trento era invece un roster già rodato, che da inizio stagione puntava alla vetta di ogni competizione. Con il palleggiatore Raphael fuori per l’infortunio procuratosi in gara 4 contro Simon, in regia è chiamato Giacomo Sintini, tornato a giocare in questa stagione dopo aver sconfitto il cancro. In diagonale con lui, una macchina da punti come era allora Jan Stokr. Mentre Matej Kazijnski e Osmany Juantorena sono tra le più efficienti e pericolose bande in circolazione.
Con un livello tecnico talmente alto, gli automatismi nelle squadre sono più che rodati.
A partire dalla battuta, dove entrambe le squadre spingono per poter rigiocare al meglio: i battitori jump float, quali Birarelli e Sintini, hanno i bersagli ben precisi. La battuta 5-5 mette in difficoltà perchè cerca il conflitto tra schiacciatori di prima e seconda linea, e non sempre Piacenza riesce a fare un cambio palla rapido.
Al contrario i biancorossi sparano forte dai 9 metri: tutto il sestetto di coach Monti batte solo saltospin e la potenza mette spesso in difficoltà la linea trentina. L’iniziale alternarsi tra Bari e Colaci e le sostituzioni tra Juantorena e Lanza, non permette di trovare una ricezione costante e affidabile da subito, obbligando Sintini a rincorrere la palla.
Ma come abbiamo detto Piacenza è una squadra da muro-difesa. Fei è la freccia sempre presente quando chiamato, mentre Zlatanov è il migliore attaccante di palla alta. Con la lucidità e la lettura di Zlatanov e Papi, ai quali si aggiunge il duo De Cecco- Simon, i piacentini sono impareggiabili in fase di rigiocata e riescono a chiudere il punto.
Finale play-off: gara5 punto a punto
Trento- Piacenza è una partita giocata punto a punto fin dal primo set. Con un pronostico tutto da scrivere, Trento non si sembra più superiore come lo è stato durante la Regualar Season.
Appurato che la Copra Elior fatica in ricezione, l’Itas Diadec impedice le rigiocate avversarie pressando subito in battuta. Una linea di ricezione che vede in Zlatanov il migliore, con un Papi che fatica ad ingranare e Davide Marra, il libero, non particolarmente influente. Nonostante tutto Luciano De Cecco inventa e distribuisce bene: i gesti tecnici e l’assurda inventiva del palleggiatore lasciano di stucco compagni ed avversari.
Insieme al centrale cubano formano un duo formidabile. I loro primi tempi anticipatissimi, con la forza bruta di Simon, diventano l’arma principale e sicura di Piacenza. È in fase break questa coppia dà il meglio di sé, le veloci si sprecano e i punti rete variano sempre, facendo saltare le contromisure.
Dall’altra parte la batteria di schiacciatori non è da meno, Osmany Juantorena è quasi arrivato all’apice della carriera. L’italo-cubano non sbaglia una battuta ed in ricezione dimostra di essere in piena crescita, oltre ad un efficienza più che positiva in attacco. Un super Kazijnski invece è l’equilibratore, lucido nei momenti di confusione a certezza costante per i compagni. Jan Stokr è un opposto di spessore, con un braccio pesante con una costanza impressionante: l’80% di efficacia in attacco al terzo set è davvero altissimo. Jack Sintini non spicca in precisione, ma gestisce al meglio i suoi: arma nei momenti propizi i giusti attaccanti e tiene sempre avanti l’Itas.