Dopo settimane di stallo politico finalmente la presidenza Biden può cominciare a prendere forma. L’annuncio nella notte italiana arriva dallo stesso Donald Trump, che pur senza nominare mai il suo avversario o ammettere la sconfitta, apre per la prima volta al processo di transizione. Ovviamente attraverso un tweet e non con la telefonata rituale in cui il candidato perdente ammette la sconfitta e concede formalmente la vittoria.

Secondo Trump però il solo motivo per il quale avviare la transizione è che la funzionaria dell’amministrazione incaricata di firmare le pratiche burocratiche è stata minacciata e molestata: “Voglio ringraziare Emily Murphy della General Services Administration, che è stata molestata, minacciata e abusata: non voglio che succeda a lei, alla sua famiglia o ai dipendenti della Gsa. La nostra giusta battaglia va avanti, e credo che vinceremo. Tuttavia, nell’interesse del Paese, raccomando a Emily e alla sua squadra di fare ciò che va fatto”.

In realtà la decisione non l’ha presa Donald Trump e a rivelarlo è la stessa Emily Murphy in una lettera indirizzata al presidente eletto Biden: “Ho preso la mia decisione indipendentemente, basandomi sulla legge e sui fatti disponibili”, precisando poi di non aver ricevuto nessun tipo di minacce o pressioni.

L’ennesimo scivolone del presidente uscente che però tira dritto per la sua strada, denunciando di nuovo brogli senza prove e promettendo ancora battaglia.

L’annuncio con un tweet del presidente uscente che però non si arrende: “La nostra giusta battaglia va avanti”

La guerra però sembra ormai definitivamente persa dopo che ieri anche lo Stato del Michigan ha certificato la vittoria di Biden. Dopo il riconteggio in Georgia e la sconfitta ormai sicura in Pennsylvania, Trump non ha più nessuna possibilità di raggiungere i 270 grandi elettori a colpi di sentenze.

Lo sa bene il partito repubblicano che, non è un mistero, ha ormai lasciato Trump solo a combattere la sua battaglia contro i mulini a vento, con Rudolph Giuliani nel ruolo di Sancho Panza.

Il piano di Trump, ovvero quello di ritardare il più possibile i risultati elettorali definitivi facendo cosi ricadere la responsabilità della nomina dei grandi elettori ai parlamenti statali in cui ha la maggioranza, è ormai apertamente definito anche dai repubblicani come pericoloso e vergognoso.

Se da una parte il presidente uscente fatica ad ammettere la sconfitta anche con se stesso, dall’altra il presidente eletto Joe Biden ha cominciato a formare ufficialmente la squadra di governo.

Nomine storiche nell’amministrazione Biden: prima donna alla CIA e primo latino all’immigrazione

Tony Blinker sarà il nuovo segretario di Stato, uno dei personaggi più vicini a Biden, fautore di una politica di alleanze e multilateralismo a segnare ancora una volta la forte rottura con il passato: “Nessuno dei problemi da affrontare come nazione e come pianeta, dai cambiamenti climatici alla pandemia fino ai pericoli di armi non convenzionali, ha soluzioni unilaterali.”

In continuità con l’amministrazione Obama di cui è stato segretario di Stato, anche la nomina di John Kerry come inviato speciale sul clima.

Storica nomina per Avril Haines alla Ciaprima donna a guidare l’Intelligence – e per Alejandro Mayorkas, il primo latino a capo dell’Homeland Security ad occuparsi del delicato tema dell’ immigrazione.

Un’altra donna, Linda Thomas-Greenfield, è stata invece nominata come ambasciatrice alle Nazioni Unite, a testimonianza che l’era Trump è definitivamente tramontata. Almeno fino al prossimo tweet.

Valerio Altieri