Dopo oltre un secolo di battaglie per i diritti umani, la barbara pratica del linciaggio è finalmente stata considerata reato federale, negli Stati Uniti d’America. I senatori che già in passato avevano tentato, senza successo, di far approvare la legge sono tre afroamericani: i democratici Kamala Harris e Cory Booker e il repubblicano Tim Scott. In particolare, la Harris è una delle papabili candidate alla Casa Bianca per le elezioni del 2020 e rappresenta da tempo, in prima persona, la lotta in favore dei diritti delle donne e delle diverse etnie soggette a discriminazioni, essendo lei non solo di origine afro-americana, ma anche indo-americana. Tim Scott, invece, è un valido deterrente alle politiche di Trump, all’interno del partito repubblicano.
Ad oggi, una riforma del genere potrebbe passare in secondo piano a livello mediatico, specialmente in Europa, dove i casi di linciaggio sono sempre stati rari. Al contrario, l’America, sin dai tempi del Far West e della guerra civile, in cui i sudisti americani cercavano di affermare la propria supremazia a danno dei cittadini di colore, ridotti a livelli di schiavitù, conta migliaia di questi casi.
Tra i più noti, il linciaggio di Jesse Washington, un ragazzo di origine afroamericana che, nel 1916, nel Texas, dopo essere stato condannato a morte dal tribunale per lo stupro e l’omicidio della moglie del suo datore di lavoro Lucy Fryer, fu trascinato fuori dalle aule dalla folla, che lo castrò, gli mozzò le dita e lo legò, sospeso in aria, cuocendolo (letteralmente) per due ore al fuoco di un falò, fino ad arderlo vivo. Le urla e le acclamazioni di gioia della gente, il cui numero ammontava ad oltre diecimila persone, tra cui poliziotti e fotografi incalliti che trasformarono quell’orrore in cartoline-ricordo da mettere in vendita, resero bene l’idea di quanta scelleratezza vi fosse, ancora ai primi del Novecento, nella città di Waco.
Alla stessa maniera, nel 1930, tre giovani di colore, J. Thomas Shipp, Abraham S. Smith e James Cameron vennero impiccati dalla folla, in seguito alle accuse di stupro e omicidio, senza attendere la sentenza del tribunale.
E che dire, allora, degli undici migranti italiani massacrati durante il famoso Linciaggio di New Orleans del 1891 o quello della madre e del figlio afroamericani Laura e Lawrence Nelson, accusati di aver ucciso un vice-sceriffo che intendeva arrestarli per furto?
In un continente, quale l’America, in cui la piaga della pena di morte ha condannato al patibolo anche molta gente innocente, nel corso del tempo, immaginare che esistano ancora casi di esecuzioni pubbliche di tale portata, è raccapricciante. Il fatto che d’ora in poi il linciaggio sia considerato reato federale è solo un piccolo step, verso l’amnistia, se si considera che probabilmente i paesi dell’America Latina non seguiranno tali normative e che, comunque, molte persone continueranno ad essere giustiziate per volontà di una sentenza, anche se non di una folla.
“Nessuno tocchi Caino“, organizzazione Italiana contro la pena di morte, è un motto che gran parte del mondo, dall’India all’America ancora non conosce, preferendo di gran lunga la “cultura” di Django Unchained e de Il Miglio Verde a quella della pietà e della riabilitazione dei colpevoli.
“Cos’è successo all’America? Che ne è stato del Sogno Americano? ” si chiedeva il supereroe deluso Dan Dreiberg, nel film Watchmen. “Si è avverato. Lo stai guardando“, rispondeva il suo amico.
GIORGIA MARIA PAGLIARO