Giovedì il tribunale di Milano ha stabilito che il licenziamento di 4mila rider da parte della società di consegne a domicilio Uber Eats, avvenuto a giugno del 2023, è illegittimo. Di conseguenza i licenziamenti dovranno essere revocati e dovrà essere avviata una trattativa con i sindacati per trovare una soluzione diversa.
Il tribunale ha stabilito che Uber Eats adottò una condotta «antisindacale» quando quest’estate chiuse tutte le sue attività in Italia e licenziò migliaia di rider che avevano un contratto di collaborazione. Secondo il tribunale il lavoro dei rider è equiparabile a quello di un dipendente subordinato e quindi, prima di procedere con i licenziamenti, la società avrebbe dovuto attivare le procedure di consultazione con i sindacati previste dalla legge.
Uber Eats in Italia perde la causa
Il tribunale ha infatti ingiunto a Uber Eats di revocare i 4000 licenziamenti che nel giugno scorso l’azienda aveva notificato ai lavoratori. Motivo della revoca il non aver avvertito azienda e regione del fatto che il colosso del food delivery avrebbe cessato le attività in Italia. Insomma per il giudice Uber Eats è colpevole di condotta antisindacale.
Così si legge infatti nel provvedimento: “la natura antisindacale della condotta di Uber Eats Italy srl consistente nella omissione della procedura di consultazione per la cessazione delle attività del food delivery nel territorio nazionale risolvendo tutti i rapporti di lavoro”.
A giugno era emerso che Uber Eats avrebbe lasciato l’Italia a luglio, come poi è avvenuto, e che, come avevano denunciato già i sindacati, migliaia di rider erano stati lasciati a casa con una email. Alla piattaforma, prima che l’azienda abbandonasse il nostro paese, erano iscritti circa 8mila rider, di cui quattromila pienamente attivi. E ora l’azienda dovrà mettere portare a conoscenza dei 4mila rider il provvedimento e dovrà pubblicarlo sul proprio sito aziendale, sulle pagine Facebook e Instagram e sui principali quotidiani nazionali. Va osservato, scrive il giudice, “che la cessazione di migliaia di rapporti di lavoro impone la applicazione della legge sui licenziamenti collettivi”. La condotta della società, si legge ancora nel decreto, “si presenta, quindi, antisindacale per avere omesso completamente le informazioni sindacali previste dalla legge”. Il Tribunale ha così ordinato a Uber Eats “di revocare tutti i recessi dai contratti di lavoro di coloro che svolgono la prestazione di rider” con “account attivo alla data del 14 giugno 2023”. E di “avviare con le organizzazioni sindacali ricorrenti” le “procedure e il confronto previsto in caso di cessazione di attività”. Non solo. Trattandosi di “lavoratori subordinati”, scrive ancora il giudice dopo aver così qualificato l’attività lavorativa dei rider anche sulla base di recente giurisprudenza, la società “aveva l’obbligo, prima di procedere alla comunicazione dei recessi, di attivare con le organizzazioni sindacali ricorrenti le procedure di consultazione previste”. E la “sussistenza di tali obblighi di informazione” non viene meno nemmeno “se si opta per una qualificazione dei riders come collaboratori etero-organizzati”
Per la prima volta, sottolineano inoltre i sindacati, “è significativo che trovi applicazione in Italia la disciplina delle localizzazioni delle multinazionali, che le responsabilizza nei processi di ristrutturazione”. E si dimostra, concludono, “ancora una volta, che ai rider devono essere applicati tutti i diritti dei lavoratori subordinati”.
Uber Eats perde anche a New York
Uber, Doordash e Grubhub, operative nella consegna a domicilio dei pasti, a New York perdono la causa: la sentenza del giudice americano infatti, obbliga le tre aziende a pagare di più i rider, i corrieri che portano il cibo. Almeno 18 euro l’ora a partire dal primo ottobre.
In realtà l’aumento sarebbe dovuto scattare a luglio, prima di un nuovo ricorso delle big company. Il giudice aveva dunque sospeso la sentenza , ma oggi ha respinto le richieste delle compagnie.
E se in America le compagnie di food delivery si devono abbassare alle sentenze del giudice, non va meglio nemmeno in Italia dove proprio ieri il tribunale di Milano ha condannato per condotta antisindacale proprio una delle tre: “Uber Eats Italy“, non nuova per altro alle cause.