Nella centrale ucraina di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, infatti, questa notte è divampato un incendio a seguito degli attacchi delle forze russe volti a prenderne il controllo. Spento dopo alcune ore, l’incendio avrebbe coinvolto un edificio utilizzato solitamente per delle attività di addestramento, e non avrebbe provocato vittime, anche se le informazioni in merito restano poco chiare e ancora da verificare. Secondo l’Ispettorato statale per la regolamentazione nucleare ucraino (Sinr), “tutti i sistemi utili a garantire la sicurezza della centrale nucleare sono funzionanti” e “al momento non si rilevano cambiamenti nei livelli di radiazioni” nell’area circostante l’impianto nucleare. Le unità della centrale, situata nei pressi della città di Enerhodar, secondo quanto riferito dal Sinr, “rimangono integre” e i danni alla “struttura” al momento “non pregiudicano la sicurezza delle unità di potenza”, una versione confermata anche dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Spento l’incendio, tuttavia, la notizia è che le forze russe hanno effettivamente assunto il controllo della centrale dove sono dislocati sei dei 15 reattori nucleari presenti in Ucraina. Un obiettivo strategico importante per le forze russe che, dopo la presa di Kherson, tentano di avanzare verso nord, con l’obiettivo di fornire supporto all’offensiva in corso per Kharkiv.
Notte di terrore in tutta Europa e nel mondo per l’Ucraina, dove nella notte tiri russi contro una centrale, colpita e incendiata, per qualche ora hanno evocato lo spettro di una nuova Chernobyl.
Chiusasi con un nulla di fatto il nuovo round di colloqui diretti Ucraina-Russia nei boschi di Brest, se non per l’unico accordo sull’apertura di corridoi umanitari per evacuare i civili, la guerra è ripresa con vigore durante la notte, soprattutto sul fronte sud.
Qui le truppe russe hanno ingaggiato un lungo combattimento con quelle ucraine poste a difesa della centrale nucleare a sei reattori di Enerhodar, nell’oblast di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, che rifornisce quasi metà dell’energia nucleare ucraina, bersagliandola con tiri d’artiglieria e di mitragliatrici pesanti “da tutte le parti”, provocando l’incendio di una delle sei unità.
Notizie dal posto indicavano che i pompieri non riuscivano ad accedere alla centrale perché “sotto tiro” da parte delle forze russe.
Da quel momento sono partiti, nel cuore della notte, gli appelli a cessare immediatamente i combattimenti attorno alla centrale, dal governo ucraino all’agenzia atomica dell’Onu (Aiea), dal presidente Usa Joe Biden, che ha parlato al telefono con il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, come ha fatto anche il premier britannico, Boris Johnson, che ha detto di voler convocare d’urgenza il Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Due ore circa è durato il terrore, poi il portavoce della centrale ha fatto sapere che alla fine i pompieri hanno potuto raggiungere l’impianto e spento l’incendio. La sicurezza della centrale atomica “è stata ripristinata”, ha quindi dichiarato un comandante militare locale ucraino. Poi la certificazione della stessa Aiea, che “le attrezzature essenziali” della centrale colpita non “sono state compromesse dall’incendio” e che non ci sono state fughe radioattive, come per alcuni minuti fonti locali avevano fatto temere.
Ma Zelensky ne ha approfittato per puntare il dito contro Mosca, accusata di usare come arma il “terrore nucleare”, colpendo, come nessuno aveva mai osato fare nella storia dell’umanità, una centrale atomica. Se fosse esplosa – ha rincarato la dose il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba – sarebbe stato “dieci volte peggio di Chernobyl”.