Il Movimento Futurista si è contraddistinto per essere stato il riflesso di un’epoca piena di ideali e cambiamenti. Non solo arte ma anche letteratura, teatro e ogni espressione di pensiero, ha avuto echi in tutti i campi. Gli artisti come Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 19 ottobre 1882 – Verona, 17 agosto 1916) tentavano di cogliere la consistenza dell’aria e di immortalare la dinamicità degli oggetti in movimento.
Un movimento che promuoveva una fiducia totale nel progresso. Guidato da un’umanità che potesse dettare le regole del futuro, il Futurismo era caratterizzato da un insaziabile desiderio di avventura. Questi presupposti hanno dato vita a sperimentazioni sulla rappresentazione di spazio e materia mai raggiunti prima. Come si legge nel noto Manifesto Futurista redatto da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909:
Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell’umanità mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro.
Umberto Boccioni, non solo futurista
Gli artisti futuristi spesso riuscivano a cogliere la sostanza o la temperatura non solo degli oggetti e dell’aria ma anche degli stati d’animo. A tal proposito non si può non citare uno dei maggiori esponenti del Futurismo nonché artista che diede un fondamentale apporto artistico e ideologico al movimento: Umberto Boccioni. Un genio irrequieto e prolifico, dalla «oscura-luminosa entità psichica», come lo descrive il massimo esperto della sua arte, Maurizio Calvesi.
Fu un viaggiatore instancabile e curioso sperimentatore. La creatività di Boccioni ha trasmesso ai posteri capolavori senza tempo, uno su tutti “Forme uniche della continuità nello spazio”. Oltre ai suoi lavori prettamente futuristi, le influenze dei suoi molti viaggi hanno determinato dei risvolti simbolisti e divisionisti. Ne sono la testimonianza le tele dei primi anni.
Due tele d’estate
In occasione dell’anniversario della morte di Boccioni che ricorre il 17 agosto, sorge spontaneo ripensare a due sue opere che restituiscono la luce tagliente del sole e la sostanza della calda aria estiva. Nel “Ritratto dell’avvocato Carlo Caetani” del 1907, il protagonista è in primissimo piano, simile al fotogramma di una pellicola. Il naso rubicondo, sfuggendo dalla zona d’ombra creata dal cappello a tesa larga, sembra aver subito i raggi solari troppo a lungo.
La fronte è aggrottata per l’intensa luce che bagna anche la sabbia in riva al mare. La capacità di Boccioni di cogliere i guizzi luminosi del sole estivo, torna anche in “Donna in giardino” del 1910. I tratti veloci dei pastelli evocano il fruscio del vento tra le fronde degli alberi e tra i vestiti leggeri. L’abito bianco della bambina riflette i raggi del sole e irradia tutta la tela. Il calore sembra sollevarsi dal terreno come nelle più calde giornate estive.
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