“Un giorno all’alba” è il disco d’esordio dei Sanlevigo: un concept-album di 13 tracce che parla della fine di un amore, della rabbia, dello sconforto e di una lenta rinascita. Un titolo che, in questo momento dell’anno, sembra suggerirci una luce in lontananza che possa essere rinascita, ma anche un tempo di interiorità che dal passato trova consapevolezza. Sanlevigo, in questo esordio, unisce le canzoni, al di là della radicata attitudine pop-rock e un’attenzione quasi maniacale ai suoni, nella teoria delle cinque fasi del lutto di Kubler Ross, considerata la fondatrice della psicotanatologia, secondo cui gli stati emozionali che ogni essere umano attraversa nella perdita sono la negazione, la rabbia, il patteggiamento, la depressione e l’accettazione.
La narrazione, quasi si trattasse di un sogno, procede al contrario: a partire dai ricordi, ricostruisce i pensieri, le esperienze e il percorso d’accettazione del protagonista, alternando sensazioni, momenti di lucida consapevolezza e brevi interventi della persona amata, rappresentata dalla voce di Alessia Amendola. Assecondando una climax discendente, si passa dalle canzoni più aggressive, dove l’altro viene pensato come l’unico responsabile della situazione, per passare ai toni più morbidi della rassegnazione, quando la colpa viene attribuita prima al destino, poi al tempo e infine alla casualità degli eventi. Ne parliamo insieme, in questa intevista a Sanlevigo.
L’intervista a Sanlevigo
Nel disco c’è una radicata attitudine pop-rock e un’attenzione quasi maniacale ai suoni. Qual è l’approccio musicale e l’intento dietro questo lavoro?
Tutti e quattro siamo molto legati ad alcuni album che hanno fatto la storia della musica, proprio per la grande cura riposta nei suoni e negli arrangiamenti, a partire da ”Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles fino ad arrivare ad “OK Computer” dei Radiohead. Per realizzare “Un giorno all’alba” ci siamo ispirati a un universo discografico che ha sempre portato con sé una piccola rivoluzione, (soprattutto considerando il periodo storico in cui tanti di questi album sono stati pubblicati): abbiamo provato a fare qualcosa di diverso rispetto all’attuale panorama musicale italiano, che fosse più vicino ai nostri ascolti.
Nell’album “Un giorno all’alba” c’è una climax discendente, si passa dalle canzoni più aggressive a quelle dai toni docili: c’è anche una metafora di quello che state vivendo o, più in grande, di questo momento storico?
Per certi versi potremmo rispondere di sì, anche se per noi rimane distante il punto di accettazione o di ripartenza reale. Ad ogni modo, qualsiasi tipo di collegamento si possa trovare tra il disco e questo momento storico è qualcosa che non abbiamo cercato volontariamente dato che la scrittura del disco è durata molti anni ed è terminata alla fine del primo lockdown.
Si presenta come un concept-album elaborato e ricercato, sia nei suoni che nei testi: quali studi e osservazioni avete condotto per realizzarlo?
Nell’album ci sono molte citazioni letterarie o drammaturgiche, basti pensare che per il primo singolo estratto, “Nei panni sporchi di Venere”, ci siamo ispirati al “Don Giovanni” di Mozart e alla lettura critica di Kierkegaard.
Sicuramente per la definizione del concept sono stati molto importanti gli studi intorno alle 5 fasi del lutto condotti dalla psichiatra Kubler Ross negli anni ‘60 e ‘70, anche se poi hanno giocato un ruolo fondamentale molti autori e poeti come Shakespeare, Whitman, Lewis e Pavese.
Sembra che ci sia una rincorsa al contrario, rispetto al passato, non senza dolore, ma che tende a una liberazione: cosa significa, davvero, questa pubblicazione?
Dal punto di vista personale ha permesso ad ognuno di noi di tirare fuori tante piccole cose che negli anni avevamo sepolto: potremmo dire che forse questa pubblicazione è stata una liberazione. La cosa più importante di tutte, però, è essere riusciti a condividere un lavoro veramente molto lungo perchè considerate le difficoltà dell’ultimo periodo – pandemia compresa – non era affatto scontato. Vediamo questo album come un traguardo molto importante e non vediamo l’ora di tornare in studio a scrivere il prossimo!
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