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Venezia, vietati i top durante l’ora di ginnastica: la protesta delle studentesse

Una professoressa di educazione fisica di Venezia ha deciso che i top femminili saranno vietati durante le sue ore di lezione. Per la docente metterebbero in risalto le forme al punto da distrarre i compagni maschi. Dopo le parole dell’insegnante, decine di ragazze e ragazzi hanno organizzato un sit-in fuori dalla scuola.

I top aderenti vietati alle studentesse di un liceo di Venezia, ginnastica solo con la felpa

Al Liceo artistico “Marco Polo” di Venezia una docente di educazione fisica ha imposto alle studentesse di non indossare top aderenti durante le sue lezioni. Secondo l’insegnante il top sportivo metterebbe in risalto le forme del loro corpo tanto da “distrarre i compagni“, motivo per cui sono consentite solo felpe e capi non aderenti.

Sul profilo Instagram del Collettivo Polo Las (Liceo Artistico Statale) le studentesse hanno condiviso le parole della loro insegnante:

La prof sostiene che le ragazze debbano coprire le proprie forme per non attirare a sé l’attenzione e non distrarre i compagni maschi. Ha poi minacciato di mettere una nota se alle prossime lezioni le ragazze si presenteranno di nuovo con top sportivi, ritenuti ‘inadatti al contesto scolastico’. 

Dopo la decisione dell’insegnante le giovani hanno organizzato un’assemblea e una protesta che presto si è estesa all’intero sistema scolastico italiano.

La protesta del liceo “Marco Polo”: il problema è la mentalità, non i vestiti

Ieri in campo San Trovaso, poco distante dall’istituto scolastico, decine di ragazze e ragazzi hanno protestato contro la docente e indetto un’assemblea straordinaria. Una sessantina di studenti e studentesse hanno organizzato un sit-in con cartelli e striscioni per ribadire alle parole della docente. Molte delle ragazze indossavano i top sportivi al centro della polemica e promettono di continuarlo a fare anche durante le ore di ginnastica.

Lo slogan principale della protesta recitava “Cambiate mentalità, non i nostri vestiti“, e ancora “Mio corpo, mie scelte”. La questione va al di là della scelta dell’abbigliamento e si allarga all’educazione sessuale dei giovani in Italia. Come ha sottolineato una studentessa, il nostro paese è tra gli ultimi per l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole. La polemica si rivolge così all’intero sistema scolastico italiano e alla nostra società, dove “è scandaloso cambiare i vestiti piuttosto che la mentalità delle persone”.

Le proteste a Venezia: cosa chiedono le studentesse al sistema scolastico italiano

Quello che è successo a Venezia si inserisce nella questione più ampia della sessualizzazione del corpo femminile, contro cui, peraltro, si sono battuti recentemente gli studenti di un liceo di Monza che hanno indossato minigonne a sostegno delle loro compagne. Le giovani che hanno preso parte alla protesta veneziana hanno ribadito come il problema non siano gli abiti in sé, ma la società:

Viviamo in una società dove siamo abituate ad avere paura quando giriamo per strada la sera […]. Sappiamo che qualcuno solo per come siamo vestite potrebbe pretendere di avere un rapporto con noi, di poterci fischiare o molestare.

Con il sit-in le studentesse e gli studenti hanno voluto lanciare un messaggio alla nostra Scuola, affinché educhi le donne e gli uomini di domani insegnando che “non esiste abbigliamento inadeguato, ma solo un occhio inadeguato“. Si chiede alla scuola di essere il punto di partenza per cambiare lo sguardo maschile e non perpetuare l’idea che un certo abbigliamento possa determinare il consenso ad essere guardate o toccate. Dall’educazione scolastica le ragazze della protesta si aspettano che diventi un modello per trasformare tutti i loro spazi quotidiani affinché non debbano più avere paura:

Vogliamo rendere sicuro ogni spazio che attraversiamo, a partire dalla scuola, per arrivare alle strade e agli spazi della nostra città.

Giulia Panella

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