All’interno di una vasta serie di ritratti appartenenti all’imperatore Vespasiano, ce n’è uno che ci aiuta a conoscere l’uomo che fu. Si tratta di un busto marmoreo, del 70 d.C. circa, conservato al Museo archeologico nazionale di Napoli. Scolpito non più con funzione adulatoria, bensì, sui principi della verosimiglianza, per catturare lo spirito reale dell’imperatore.I ritratti come questo discendono direttamente dalle pratiche della primitiva religione romana, quando si usavano maschere di cera ricavate da calchi di volti di defunti. L’idea di “indossare” il volto dei propri avi durante un rito funebre, derivava dalla cultura Egizia per la quale questa pratica, serviva a tramandare la sopravvivenza dell’anima.

Vespasiano, un uomo di provincia

In questo volto severo, che conserva comunque un aspetto semplice, scorgiamo la disciplina e l’impegno che caratterizzano il corsus honorum. Nel 69 d.C. Vespasiano è nominato imperatore dal Senato di Roma e riconosciuto come tale dalle truppe che con lui combattevano la Guerra Giudaica. Ma quest’uomo, con una lunga carriera militare alle sue spalle che lo aveva portato dalla Tracia a Creta, dall’Africa alla Britannia, di Roma conosceva ben poco.L’imperatore Vespasiano, infatti, nasce in provincia, nella Sabina, in un paese vicino all’odierna Rieti da una famiglia umile di contadini. E’ quello che nel mondo latino viene definito come un Novus Homo: colui che entra nella nobilitas romana, senza che nessun suo predecessore abbia mai ricoperto una carica pubblica.

Vespasiano, l’esordio della seconda dinastia imperiale

Primo imperatore della seconda dinastia imperiale, quella dei Flavii, Vespasiano sale al trono dopo un periodo di incertezze e, soprattutto, dopo l’ultimo importante regno della dinastia Giulio-Claudia: quello di Nerone, che muore nel 68 d.C. Dopo una violenta guerra civile contro Vitellio, l’imperatore Vespasiano salva la Res Publica e, una volta rientrato a Roma da Alessandria d’Egitto, si occupa di sanare le ferite provocate da questo anno di instabilità.

Vespasiano, Busto marmoreo - Photo credits: Google Arts&Culture
Vespasiano, Busto marmoreo – Photo credits: Google Arts&Culture

L’economia viene rimessa in piedi attraverso l’istituzione di gravose tasse, che gli valgono infatti la nomina di avaro. L’esercito e le cariche politiche vengono epurate dai soggetti corrotti, per scongiurare il pericolo di nuovi scontri fratricidi. In ambito artistico, Vespasiano si occupa della ricostruzione del Campidoglio e del Tempio di Giove Capitolino, innalza nel Foro un tempio dedicato alla pace e infine inizia il progetto dell’anfiteatro Flavio, noto al mondo col nome di Colosseo.

Altri provvedimenti dell’imperatore

Altro interessante provvedimento portato avanti dall’imperatore, è una manovra urbanistica e sanitaria che puntava a una maggiore pulizia e decoro della città. Vespasiano impone pesanti sanzioni per il mancato rispetto della consona collocazione dei rifiuti in città, problema a dir poco attuale per Roma e costruisce degli orinaoi, che prendono perciò il suo nome. Emana la Lex de Imperio Vespasiani, in base alla quale gli imperatori non governano più sulla base di poteri divini, come accadeva nella dinastia Giulio-Claudia, ma in base alla legittimazione giuridica, del popolo e del Senato, segnando un grande passo avanti nell’istituzione della politica romana.

La morte di Vespasiano

L’imperatore Vespasiano muore nel 79 d.C., forse per un’indigestione o per una violenta dissenteria. ma una cosa certa è che non perderà la sua ironia nemmeno in punto di morte. Dopo giorni di estremi dolori che lo costringono al riposo totale, pronuncia la seguente frase:

Imperatorem stantem mori oportet“.

“E’ opportuno che un imperatore muoia in piedi”. E così si spegne, all’età di 69 anni. Vespasiano, uomo di rigore e disciplina, mantiene fino alla fine dei suoi giorni quell’aria semplice, medio borghese che, se da un lato lo rendeva fin troppo attento al peso del denaro, dall’altro, lo portava sempre a restare diffidente nei confronti di aristocrazia e nobiltà. Lascia due illustri eredi a proseguire la dinastia: il primogenito Tito e il minore Domiziano, entrambi futuri imperatori di Roma.

Claudia Sferrazza

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