Vietato l’aborto a Malta, turista americana in pericolo di vita

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Di Redazione Metropolitan

Malta è ad oggi l’unico stato membro dell’Unione Europea nel quale l’aborto è vietato in ogni caso. I medici sono perfettamente consapevoli che praticare un’interruzione di gravidanza, anche se questa portasse a salvare la propria paziente, gli costerebbe 4 annidi pigione e dunque se ne chiamano fuori.

Nel caso della turista americana, non nuovo ai medici del posto, sono stati gli stessi medici a comunicare che non è possibile in alcun modo salvare il bambino della paziente. In ogni caso quest’ultima verrà trasferita in Spagna dove potrà ricevere tutte le cure che merita.

I medici immobili di fronte alla morte

Photo Credits Il Fatto Quotidiano
Andrea Prudente e Jay Weeldreyer al policlinico Mater Dei di Malta

La turista americana, il cui nome è Andrea Prudente, ormai protagonista delle cronache di Malta in questi giorni è una donna incinta di 16 settimane che ancora oggi sta rischiando la vita a causa di un aborto spontaneo. Secondo le leggi e normative previste dallo Stato però i medici non possono mettere mano e concludere questa agonia in quanto il cuore del bambino in verità ancora batte e dunque procedere con le cure rappresenterebbe agli occhi del Paese un aborto. Nonostante non ci sia alcuna possibilità che il bambino si salvi e anzi si sta correndo il rischio che la madre muoia insieme al feto, e queste sono verità riconosciute e comunicate dagli stessi medici del policlinico Mater Dei nel quale si sta svolgendo la vicenda, nessuno è autorizzato a procedere in alcun modo sulla paziente. Si sta così assistendo alla sofferenza ed alla morte con le mani in mano, nella speranza che a fare il passo sia solo il feto e non entrambi.

Il marito della donna, Jay Weeldreyer, ha mostrato maggior umanità e dunque si è subito attivato per richiedere un trasferimento d’urgenza in uno dei Paesi vicini, trasferimento che assicurerebbe alla moglie le cure di cui ha bisogno. Mentre aspettava un responso riguardo le procedure richieste, Weeldreyer ha rilasciato un’intervista alla BBC con la volontà di spiegare realmente cosa stessa accadendo all’interno dell’ospedale e in che modo a Malta si eviti alle donne un aborto. “Siamo qui con l’idea che se arrivano le doglie, i medici si metteranno in moto, se il battito si ferma, aiuteranno, altrimenti non faranno nulla. Il bambino non può sopravvivere. Noi lo volevamo, l’amavamo, vorremmo che sopravviva ma non può. E questo ospedale sta prolungando i rischi per Andrea – che rischia di morire per setticemia ed – è tenuta in ostaggio. Siamo venuti a Malta per una ‘babymoon’. Certamente non siamo venuti per avere un aborto, ma qui stiamo parlando di salvare la vita di una donna”. A seguito dell’intervista, anche se non è certo siano state le parole dell’uomo a far muovere gli ingranaggi, alla coppia è stato concesso il trasferimento in Spagna. L’assicurazione della coppia ha poi accettato di coprire i costi del viaggio e del trasferimento in avio ambulanza.

La (mancata) tutela della vita umana

La coppia era a Malta già da qualche giorno quando la donna ha avuto una prima emorragia a cui però è seguito un controllo in ospedale che aveva rassicurato i due futuri genitori sulla vita del bambino. Ancora un paio di giorni dopo si sono aperte le acque e, di nuovo corsi in ospedale, un’ ecografia ha mostrato che la placenta si era parzialmente distaccata dall’utero.Nonostante questo però il cuore del feto continuava a battere. Dopo circa 8 ore dall’arrivo, la paziente viene nuovamente sottoposta ad un’ecografia che mostrava l’esaurimento del liquido amniotico ma anche la tenacia del cuore del fegato che ancora non si era mai fermato. La coppia viene a quel punto rimandata a casa con la spiegazione che non era in potere di nessun medico dello Stato alterare le condizioni della donna che, secondo le leggi del luogo, portava ancora in grembo un bambino vivo, anche se effettivamente il bambino non potrà sopravvivere ed anche a fronte del rischio di setticemia per la donna.

La vicenda è stata resa nota dalla Ong ‘Doctors for Choice’, che l’ha subito comparata alla tragedia alla quale di era assistito con Savita Halappanavar. La donna è morta all’età di 31 anni in Irlanda, dove nel 2012 le venne negato l’aborto medico a seguito di un inizio di aborto spontaneo. La storia di Andrea Prudente è organi un limbo che potrebbe vederla al fianco della Halappanavar o salvata come invece un’altra donna nella sua stessa condizione che venne però trasferita nel 2017 in Francia, concedendole di salvarsi.

Ha comunque dell’incredibile, a prescindere (se così si può dire) dagli esiti, che gli ospedali di Malta non possano fronteggiare casi del genere per la paura, perché di questo si tratta, di fronteggiare un aborto. Una donna che ha appena perso il suo bambino non può e sicuramente non vuole restare prigioniera di un letto con il suo stesso feto che rischia di farla morire. Le leggi di Malta dovrebbero rivedere le loro priorità e comprendere anche il vero rispetto per la vita, perché queste misure sono tutto meno che una forma di protezione per la vita umana. L’ospedale è, o almeno dovrebbe essere, un luogo nel quale i medici fanno di tutto per salvare i propri pazienti, per i quali non vorrebbero arrendersi nemmeno di fronte all’evidenza della morte. Un ospedale, ma in realtà un intero sistema sanitario nazionale che non ha questo spirito non è forse degno di prendere in carico nessuna vita.

Ginevra Mattei

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