Virus B dalla Cina, si trasmette dalle scimmie ed è “altamente mortale”: le parole del virologo

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Di Marianna Soru

Comincia a farsi notare il nuovo Virus B dalla Cina, il “virus delle scimmie”. Ad allarmare il primo contagio avvenuto a un essere umano a Hong Kong, infettato dopo aver fatto un’escursione in un parco. Ne ha parlato il virologo Arnaldo Caruso.

Virus B dalla Cina: cosa sappiamo

Ne ha parlato Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv). Che racconta all’Ad Kronos Adnkronos Salute quanto noto fino a ora sul Herpesvirus simiae. Un primo caso è stato individuato a Hong Kong, dove un 37enne attaccato durante un’escursione in un parco ha contratto il virus. «Certamente non stiamo parlando di un pericolo epidemico né tantomeno pandemico». È però «importante controllare il diffondersi dell’infezione tra le scimmie» e «sapere che anche l’uomo può ammalarsi, se accidentalmente ferito da una scimmia infetta».

Tuttavia, nei casi umani, ci sarebbe un «alto rischio di mortalità». L’Herpesvirus «infetta alcuni primati» e «può contagiare l’uomo attraverso morsi o graffi da parte di una scimmia portatrice del patogeno». Se inizialmente il virus provoca «sintomi locali, di tipo simil-influenzale», trattabili con farmaci antivirali, «in almeno la metà dei casi l’infezione arriva a livello cerebrale e quando ciò accade la morte è altamente probabile».

Un virus erpetico

Il virus B delle scimmie «è un virus erpetico», spiega Caruso, che è Professore Ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia, oltre che Direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili. «I virus erpetici sono molto diffusi. Mentre questo virus in particolare è limitato ad alcune scimmie, evidenziato per la prima volta nei primi decenni del secolo scorso nei cercopitechi e chiamato perciò anche virus ‘cercopitechino’».

E continua: «Per molto tempo si è trattato più che altro di una curiosità scientifica. In passato, infatti, ad alcuni operatori di laboratorio che per i loro esperimenti avevano a che fare con le scimmie, lavorando direttamente con questi animali oppure maneggiandone tessuti o materiali biologici, è successo di infettarsi. Si è capito allora che il graffio o il morso di una scimmia portatrice di questo virus, o il contatto con un suo fluido infetto, magari attraverso un taglio accidentale, poteva far ammalare l’uomo. E l’infezione poteva essere grave, rapidamente mortale se coinvolgeva il sistema nervoso centrale. Si è quindi cominciato a fare analisi sulle scimmie che venivano importate per la ricerca e questo pericolo, a livello di laboratorio o comunque di animali in cattività è stato completamente sventato. È rimasto però il problema delle scimmie ‘wild’, in libertà nella natura».

Marianna Soru

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