
Stasera in tv su Rai 1 vi aspetta, Wonder, un film potente tanto quanto le sue morali. Nel mondo occidentale, caratterizzato dal travolgente sviluppo della tecnologia, siamo indotti a misurarci con i parametri di successo fondati su ricchezza, bellezza e capacità di influire sugli altri. Il risultato: l’omologazione e quindi l’esclusione, dal proprio pensiero, di chi è diverso. Un bel problema se vogliamo che l’inclusione sia un concetto e un’azione condivisa da tutti.
Wonder racconta la storia di un bambino speciale: August “Auggie” Pullman (Jacob Tremblay), diverso da tutti gli altri a causa di una malattia rara, la sindrome di Treacher Collins, ha il cranio deformato, non ha mai frequentato la scuola e ha affrontato il mondo reale solamente protetto da un casco d’astronauta. Nel mondo, per fortuna, non siamo tutti uguali, il messaggio più importante che il film ci lascia è: non fermarsi mai davanti alle apparenze, “se non ti piace quello che vedi, cambia il tuo modo di guardare” perché a volte è proprio l’essere diversi, a renderci unici.
Wonder: “dietro la bellezza c’è tanto lavoro”
Wonder è la trasposizione cinematografica dell’acclamaro bestseller di R.J. Palacio, divenuto in pochissime settimane un caso letterario in tutto il mondo. Wonder di Stephen Chbosky, affronta il tema della diversità, con toni ironici e delicati, e ci insegna l’arte dell’accoglienza. Il protagonista del film è Auggie, un bambino intelligente di 10 anni, nato con una malformazione facciale che l’ha costretto a subire ben 27 operazioni al volto. Il bambino ha ricevuto un’educazione a casa da sua madre, per tutta la durata delle scuole elementari.
I genitori hanno sempre cercato di tutelarlo e proteggerlo, ma adesso con l’inizio delle tanto temute scuole medie, la situazione cambia: decidono di iscriverlo in una scuola pubblica. È la prima volta che Auggie si unisce a una classe di coetanei, mangia alla mensa della scuola o parte in campeggio coi compagni. Nonostante le preoccupazioni di mamma Isabel (Julia Roberts) e papà Nate (Owen Wilson), sostiene gli sguardi curiosi e diffidenti degli studenti con fierezza e dignità. Wonder ci porta al primo anno di scuola media di Auggie, all’incontro con i suoi compagni coetanei, affronta le paure dei genitori e l’inizio del liceo dell’amata sorella Via. Ognuno racconta la storia da un punto di vista diverso: come Auggie vede le cose e come gli altri vedono Auggie.
“I non normali sono fissati dovunque vadano“

Tutti, nell’universo favolistico e caramellato di Wonder, sono dei ragazzi che vivono una condizione di disagio e insicurezza: lo è la mite sorella Via, segretamente gelosa delle attenzioni costanti riservate al piccolo Auggie, lo sono i bulletti della scuola, vittime a loro volta di genitori ottusi e benpensanti, lo è persino l’irriducibile madre Isabel, che ha rinunciato a sogni e aspirazioni personali per aiutare il figlioletto bisognoso. La storia di Auggie ci invita ad abbandonare gli sterotipi e a volgerci all’altra persona con il rispetto e la curiosità di chi vuole conoscere e farsi conoscere.
L’aggressività e il rifiuto di chi non è disabile, nascono spesso da insoddisfazione e insicurezza. Ma in questa sorta di gaia carola natalizia, quale Wonder ambisce a essere, ognuno trova la propria realizzazione e, infine, il proprio lieto fine, attraverso un insegnamento tanto banale quanto intimamente rivoluzionario: “nessuno è normale, siate gentili perché tutti combattono una battaglia dura. Se vuoi davvero vedere come sono le persone non devi fare altro che cambiare il tuo modo di guardare”.
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Giuliana Aglio