Dopo una delle tante crisi di governo della Prima Repubblica (quale non ricordo… ce ne sono state tantissime…) l’opinione generale era che se non si sapeva chi sarebbe stato il nuovo Presidente del consiglio, tantomeno gli altri ministri, c’era solo una accoppiata sicura: Giuseppe Zamberletti alla Protezione civile, che all’epoca era un ministero a se stante.

Inizialmente era retta da un sottosegretario del ministero degli interni: divenne un ministero autonomo (proprio per Zamberletti) durante una delle crisi precedenti (forse giusto quella precedente), solo perché c’era bisogno, fra partiti e correnti, di un ministero in più. Nell’occasione bisogna mostrare come il premio sia andato alla persona che lo meritasse: cioè Giuseppe Zamberletti, scomparso ieri sabato 26 gennaio.

Nella foto, da sinistra: Giuseppe Zamberletti,
Elvezio Galanti (suo braccio destro alla protezione civile) ed il sottoscritto Aldo Piombino

Non si può dire che la Protezione Civile sia stato un suo lascito: si può al contempo tranquillamente affermare che senza la sua spinta non saremmo giunti sin dove siamo adesso. Certo, forse ci avrebbe pensato qualcun altro; ma la passione per quello che faceva, la sua competenza e la determinazione ad andare avanti sono state un fattore determinante. Se la Protezione Civile in Italia è oggi così valida, una eccellenza mondiale nel settore, lo dobbiamo anche e soprattutto a questo signore, che ne è stato il fondatore e il primo responsabile.

Il ricordo di chi lo ha conosciuto

Non sono incline a scrivere “coccodrilli” (un articolo commemorativo scritto prima della morte del personaggio in questione, NDR) e quindi non avevo preparato nulla anche se sapevo che le condizioni cliniche di Zamberletti erano molto gravi e non gli restavano che pochi giorni di vita.

Tutto il mondo della Protezione Civile, dai volontari a chi ci lavora a chi studia le catastrofi in tutte le loro sfaccettature scientifiche, tecniche, sociali e comunicativa, lo ricorderà per sempre come un gigante senza il quale il sistema italiano di Protezione Civile non sarebbe quello che è oggi: perché è stato una persona appassionata di quello che faceva, che delle emergenze ha capito tantissimi meccanismi e che ha sempre tenuto un atteggiamento costruttivo unito alla ferrea volontà di andare avanti, prima nelle emergenze e poi spingendo per la prevenzione.


Ricordo un paio di anni fa quando venne a trovarci al dipartimento di Scienze della Terra: mi colpirono la lucidità e la completezza dei suoi ricordi a proposito di tante operazioni effettuate, comeanche di progetti che non avevano visto luce. In quella occasione gli mostrammo le attività principali (laboratorio, monitoraggi, supporto alle emergenze), passò nella mia stanza ed ebbi l’onore di esporgli alcuni post di Scienzeedintorni, scritti proprio sulla Protezione Civile (peccato non trovi le foto …). Ero un po’ imbarazzato, perché parlare di Protezione civile a Zamberletti è (purtroppo “era”..) un po’ come parlare di elettricità a Cruto e Galvani.

La memoria attraverso il lascito

Colgo questa occasione perché per commemorare Giuseppe Zamberletti non c’è niente di meglio che ribadire alcuni concetti hanno fatto da faro per la sua attività:

Dislocazione della Protezione Civile

non esiste una caserma della Protezione Civile: la protezione civile è un sistema complesso a cui partecipano a varo titolo lo Stato, gli enti locali, le forze di polizia, l’esercito, i volontari e… la popolazione stessa. Le diversità sono una ricchezza: nessuno può fare tutto, dai soccorsi medici a quelli fisici, alla gestione delle comunicazioni e a quella di come nutrire e alloggiare chi opera.

Responsabilizzazione dei cittadini

la responsabilizzazione dei cittadini e il concetto di rischio accettabile devono essere un aspetto fondamentale della vita pubblica e civile in un contesto di partecipazione attiva alle attività preventive. Entra inoltre in gioco la questione di come molti italiani più che cittadini si sentano sudditi (anche se, specularmente, in altre nazioni i sudditi si sentono cittadini). Il sentirsi sudditi è un ostacolo anche nella preparazione e nella reazione in fatto di emergenze, quando molti sono convinti che altri facciano tutto.

Informazione dei cittadini ed istituzione di regolamenti

Una cosa fondamentale è che le regole devono essere dentro ogni cittadino (che deve però essere consapevole di questo…). Un cittadino non informato su questo e sul fatto che è lui stesso parte del piano e che pensare che ad ogni cittadino si affianchi un esponente della protezione civile è oggettivamente folle.

La composizione della Protezione Civile: volontari e forze dell’ordine

La Protezione civile non è, appunto, solo “i volontari”: sentire dire che la protezione civile “è arrivata dopo i carabinieri e i vigili del fuoco” dimostra una totale ignoranza su cosa sia il sistema della protezione civile: anche carabinieri e VVFF quando intervengono durane una emergenza SONO protezione civil Per questo ad Elvezio Galanti (ai tempi il braccio destro di Zamberletti) piacerebbe che tutti gli appartenenti a corpi e organizzazioni afferenti alla protezione civile (Esercito, forze dell’ordine, volontari) abbiano il simbolo del DPC nell’uniforme, indipendentemente dal ruolo che hanno nell’organizzazione e di quanto stiano facendo in un determinato momento.

Protezione Civile ed Enti Locali

Altra questione è il RAPPORTO CON GLI ENTI LOCALI: non tutte le Regioni hanno una cultura di protezione civile e dei piani comunali di protezione civile. È oggettivamente un problema. Quindi in alcuni casi, purtroppo, vanno responsabilizzate le Regioni stesse (e soprattutto la classe politica e i dipendenti pubblici) prima dei cittadini.