Rugby, dal mondiale di Mandela al Sudafrica di Kolisi

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Di Redazione Metropolitan

Dal mondiale del 1995 di Nelson Mandela e Pienaar al Sudafrica di Kolisi, dall’ apartheid al primo capitano di colore. Cosi il Sudafrica è cambiato in 23 anni.

 

Il 24 giugno è stato il ventitreesimo anniversario di una delle storie più belle storie dello sport, una di quelle storie che non riscrive solo l’ albo o le statistiche di una competizione ma che, è capace di riscrivere la storia di un paese. Era il 1995, ed il Sudafrica si accingeva ad ospitare la coppa del mondo di rugby, in un momento particolare per la nazione. Solo 1 anno prima Nelson Mandela fu eletto Presidente della Repubblica, il primo presidente nero del Sud Africa che, segnò la fine dell’ Apartheid dopo ben 42 anni. Nelson Mandela accettò la sfida di organizzare al meglio quell’ edizione, aveva l’ occasione per unire le differenti razze etniche in un solo popolo, voleva rendere possibile tutto questo grazie allo sport, perché proprio lo sport a volte va oltre la propria definizione e, “ha il potere di creare speranza dove c’ è disperazione. E’ più potente dei governi nel rompere le barriere razziali, è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni.” I neri sud africani disprezzavano il rugby, uno sport portato nel paese dagli anglosassoni praticato dai soli bianchi e, quindi dai padroni, la minoranza che teneva schiava la popolazione nera tramite leggi razziali. Lo sforzo di Mandela si incentro’ nel far appassionare e portare negli stadi la popolazione nera convincendola a tifare per la nazionale degli afrikaner, la minoranza bianca che finora quel momento  aveva  imposto le proprie leggi.

In quel mondiale c’ era anche l’ Italia, alla quale non bastarono le mete di Cutitta ed i punti di Dominguez per passare la fase a gironi, ottenendo una sola vittoria contro l’ Argentina e due sconfitte rispettivamente contro Inghilterra e Samoa. Il Sud Africa parti subito forte con 3 vittorie su 3 nella fase a gironi chiudendo al primo posto. Successivamente passò facilmente ai quarti contro Samoa e, in semifinale contro la Francia.

Siamo cosi arrivati all’ atto finale, la partita che regalava il titolo iridato, ad affrontarsi erano proprio i padroni di casa e la favorita Nuova Zelanda guidata da Jonah Lomu. Lo scenario era quello di una finale di coppa del Mondo e, mentre sul cielo di Ellis Park si affacciava un jumbo jet, impressionando spettatori e cronisti, sugli spalti si accomodava il Neo Presidente Nelson Mandela con un cappellino e la maglietta verde oro numero 6, quella del capitano dei Springboks François Pienaar. Per la cronaca della partita i tempi regolamentari si conclusero in assoluta parità con il risultato di 12-12, molta tensione e poche giocate hanno fatto terminare la partita senza alcuna meta. Si va cosi ai tempi supplementari dove a decidere è un drop di Stransky al ‘94 che regala la vittoria finale ai padroni di casa.

Una vittoria che ha segnato un nuovo inizio per un paese che da troppi anni era diviso da una guerra basata sulla guerra razziale. L’ abbraccio e la consegna della coppa tra un presidente nero ed il capitano bianco della nazionale verde oro che, fece il giro del mondo e, ha ispirato libri e film, tra tutti il successo internazionale di Clint Eastwood del 2009 Invictus con Morgan Freeman e Matt Damon. Eh già, Mandela in quel momento era riuscito nel suo intento, per quel giorno ogni odio era stato messo da parte per esultare una vittoria mondiale, l’ unione di una nazione che, era divisa da troppi anni e, che ha sancito la fine una delle storie più terribili della segregazione razziale ed un nuovo inizio per il paese del continente africano.

Ad oggi sono passati 23 anni da quella storica finale, la situazione è ancora difficile, con una generazione di 40 e 50 anni cresciuta con le leggi della segregazione, non solo ma, la crisi economica, situazioni difficili di corruzione, una non buona gestione da parte del governo Zuma hanno fatto riaffiorare vecchie discordie e, quegli odi rimasti nascosti da tempo che nemmeno i mondiali di calcio del 2010 sono riusciti a placare.

Questo lo sa bene anche Rassie Erasmus, CT dei springboks che, in occasione dei test match contro l’ Inghilterra, ha affidato la fascia da capitano a Siya Kolisi. Così il 9 giugno si è scritto un’altra pezzo di storia, facendo diventare la giovane terza linea dei Stormers, dopo 23 anni da quella finale, il primo capitano di colore della nazionale sudafricana in 127 anni di storia, sceso in campo con il numero 6, proprio quello del capitano Pienaar e della maglietta di Mandela in quella storica finale.

Chissà cosa avrebbe detto oggi Nelson Mandela, colui che con la sua folle idea è riuscito a riunire un popolo grazie ad uno sport meraviglioso come il rugby.