Il 17 aprile 2014, sulla rivista Science, è stata annunciata una scoperta che ha catturato l’attenzione della comunità scientifica: Kepler 186-f, un esopianeta roccioso distante circa 500 anni luce dalla Terra. La sua sorprendente somiglianza con il nostro pianeta ha suscitato grande interesse tra gli scienziati, alimentato dalla possibilità che questo mondo potenzialmente abitabile possa ospitare forme di vita complessa

Il telescopio Kepler e la missione Discovery che ha portato alla scoperta di Kepler-186f

Kepler 186-f

Il pianeta era stato individuato circa un mese prima dell’annuncio della scoperta, il 19 marzo 2014, dal telescopio Kepler, lanciato dalla NASA nel contesto dell’Operazione Discovery nel 2009, con l’obiettivo primario di individuare e confermare pianeti simili alla Terra orbitanti intorno ad altre stelle. ll telescopio spaziale Kepler è stato progettato per individuare esopianeti utilizzando il metodo del transito, osservando le diminuzioni periodiche di luminosità delle stelle quando un pianeta passa davanti ad esse e ha osservato costantemente una vasta area del cielo, monitorando più di 100.000 stelle nella costellazione del Cigno.

Attraverso questa vasta osservazione per Kepler è stato possibile rilevare piccole variazioni nella luminosità delle stelle causate dai transiti dei pianeti di fronte ad esse. Durante la sua missione operativa quindi, Kepler ha scoperto migliaia di esopianeti, dimostrando che i pianeti extrasolari sono comuni nella nostra galassia.

Kepler 186-f, pianeta cugino della Terra

Kepler 186 f compare quindi nel conteggio dei numerosissimi pianeti individuati dal telescopio Kepler. Situato nella costellazione del Cigno, orbita attorno alla stella nana rossa nominata Kepler 186, una stella più fredda e meno luminosa del nostro Sole. Le nane rosse come Kepler-186 sono il tipo di stelle più comuni nell’universo, e poiché sono più piccole, il contrasto stella-pianeta è più favorevole alla scoperta di pianeti di piccole dimensioni, in particolare pianeti terrestri come Kepler-186f.

Il cugino della Terra si trova quindi in un sistema di cinque pianeti, di cui è il più esterno. La sua orbita lo colloca a una distanza dalla sua stella madre simile a quella tra Mercurio e il Sole, con un semiasse maggiore che varia da un minimo di 0,355 a un massimo di 0,365 unità astronomiche (UA). Nonostante la bassa luminosità della sua stella, Kepler-186f riceve un flusso di radiazioni pari a circa un terzo di quello che la Terra riceve dal Sole. Anche se si trova all’interno della zona abitabile del suo sistema solare, le prime osservazioni indicano che potrebbe essere posizionato quasi al limite esterno di tale zona, in una posizione che può ricordare quella di Marte nel nostro sistema solare.

Sulla base delle attuali conoscenze, si ritiene che Kepler-186f potrebbe non sperimentare stagioni significative a causa della presunta limitata inclinazione assiale del suo asse di rotazione, insieme alla sua orbita relativamente circolare intorno alla stella madre. Tuttavia, la presenza di eventuali altri pianeti nel sistema potrebbe influenzare l’inclinazione di Kepler-186f e quindi la presenza o meno di stagioni.

Per quanto riguarda le temperature superficiali, il pianeta riceve solo circa un terzo delle radiazioni solari rispetto alla Terra, portando a una temperatura di equilibrio planetario piuttosto fredda, stimata a circa 188 K (-85 °C). La sua effettiva temperatura superficiale dipenderebbe dalla composizione atmosferica e dall’effetto serra, che al momento rimangono sconosciuti e soggetti a ulteriori studi e osservazioni.

C’è vita su Kepler 186-f?

A seguito di queste osservazioni va constatato che la posizione di Kepler 186-f nella zona abitabile del suo sistema non garantisce automaticamente che il pianeta sia adatto alla vita come la conosciamo. Oltre alla presenza di acqua liquida sulla sua superficie, altri fattori, come la composizione atmosferica, cruciali per valutare l’abitabilità di un pianeta, rimangono ancora sconosciuti. La sua distanza dalla Terra e le limitazioni degli attuali strumenti rendono difficile ottenere dati affidabili, anche con i telescopi futuri come il Telescopio Spaziale James Webb.

In conclusione, nonostante i progressi significativi apportati dagli studi su Kepler-186f, rimangono numerosi dubbi e interrogativi irrisolti su questo affascinante esopianeta. La sua posizione nella zona abitabile, le sue dimensioni e la sua potenziale composizione atmosferica offrono stimoli per la ricerca scientifica, ma la mancanza di dati dettagliati e la complessità delle variabili coinvolte rendono difficile formulare conclusioni definitive sulla sua abitabilità e sulla possibilità di ospitare la vita.

Ulteriori osservazioni e ricerche future, supportate da avanzate tecnologie e strumentazioni, saranno fondamentali per rispondere ai dubbi irrisolti su Kepler-186f e per ampliare la nostra conoscenza dell’universo e della potenziale ricchezza di mondi extrasolari abitati.

Marta Tomassetti

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