“2089”, e se sapessi in anticipo la data della tua morte?

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Di Redazione Metropolitan

Siamo nel 2089. La voce narrante ci fa sapere che a parlare è Sandro Cinno, il direttore di una nota agenzia futurista di nome ‘Riconfronti’, capace di catapultare nel passato i propri clienti. Per almeno 20 minuti. Come in tutte le produzioni di Antimo Leva (di cui abbiamo già parlato), la musica ha un ruolo fortemente narrativo e ci da un indizio in merito alla chiave di lettura delle scene. Altra informazione che ci viene subito fornita: i clienti dell’agenzia hanno la possibilità di sapere in anticipo la data della loro morte. 

La domanda a cui cerca di rispondere la serie: se le persone conoscessero la data della loro morte in anticipo, sarebbero condizionate nel vivere la propria vita? Sicuramente sì, ed è quello che vuole dimostrare il regista Antimo Leva (Luma Cine). In questa serie si affrontano diverse tematiche, ma c’è un filo conduttore: i clienti dell’agenzia sono tutte persone che hanno trascurato qualche virtù importante della loro vita, e chiedono di tornare al momento in cui quel dono era ancora un piccolo tesoro da custodire nelle proprie tasche (un momento di amore puro). L’intimità viene affrontata da un punto di vista estetico e visivo. Le immagini si susseguono lente e ragionate. Ogni movimento racconta un pensiero e un’emozione. 

Sicuramente la storia è un punto di partenza. Al momento, a colpirci, è l’idea e la lucida intuizione di questa serie-tv – che forse si cristallizzerà in una pellicola in futuro?-. Ce lo auguriamo. Certo, ambientare un film in un futuro distopico è ostile e dispendioso. Lo è per i grandi cineasti, figuriamoci per una etichetta indipendente.  Ad ogni modo le idee e il talento non mancano, e quando si ha un obiettivo e una buona squadra , tutto può succedere.

Anche in questo lavoro, Antimo Leva, è stato accompagnato dai suoi alleati d’arte. Tra i tanti amici e amiche, solo Michele Civitillo e Gianmarco Bisesti sono attori, gli altri presenti sono comunque artisti e personevicine all’arte in generale.

Su canale YouTube [link canale] potete vedere i primi quattro episodi della serie 2089.-

MMI: c’è una scelta strategica nel voler ambientare la serie-tv nel futuro? Data l’enorme boom mediatico dei film a tema distopico?- 

Antimo Leva: No. Non c’è mai – quasi mai – una scelta strategica quando scrivo o dirigo. Se accade è un processo indiretto, metabolizzato col tempo. Dal momento che scrivo e dirigo non su commissione ma per ispirazione personale, e senza ancora un produttoreesterno che abbia già una strategia di mercato definita– tutti presupposti bellissimi, auspicabili e consueti delcinema – non c’è nulla di strategico. Molte tematiche accarezzano la mia curiosità, il mio interesse, ma le mie idee devono sempre adattarsi alle esigenze.- Se è vero che le idee, a trascriverle sulle pagine, non necessitano di budget e produttori, per la messa in scena l’affare è ben diverso. Per ogni cortometraggioche ho realizzato alla prima visione sento che avreivoluto di più, poi li guardo con gli occhi della proporzionalità e ne resto affascinato, o quantomeno sono indulgente verso i difetti, e li ringrazio.- Questa serie di corti, dal titolo 2089, l’ho ideata circa tre mesi prima dell’inizio della pandemia da Covid-19.Avevo intenzione di raccontare il futuro da un punto di vista analitico.- Quando penso ai film di fantascienza mi viene in mente – ovviamente – il ‘900.- Penso a quanto avveniristici erano in base alle epoche che raccontavano.- Odissea nello Spazio è uscito nel 1968 ed è ambientato nel 2001. Nel film ci sono tecnologie avanguardiste che nel 2001, ormai quasi vent’anni fa, non ci sono state. Fuga da New York è ambientato nel 1997 ma uscito nel 1981, stessa storia, molto avveniristico. Ci sono anche i derivati italiani: 2019: Dopo la Caduta di New York di Sergio Martino e 1990 di Enzo G. Castellari…che bellezza quando c’erano i generi!- Secondo me, dal secondo dopoguerra è stato molto entusiasmante per gli autori di letteratura fantascientifica – da cui proviene tanto cinema di questo genere – avere la possibilità di immaginare tecnologie impossibili, quindi futuri distopici. Forseperché il ‘900 è l’unico secolo che installa nell’immaginario collettivo, nello stesso tempo,  passato e avvenire così come li intendiamo a livello tecnologico.- Il ‘900 fa pensare nello stesso segmento ai  Cocchi a cavalli e alle Ferrari da Formula 1;  Al bianco e nero ed al colore; Alla Lettera a penna e calamaio ed alla Posta elettronica; Gli esempi potrebbero continuare a lungo…- Quindi ho provato ad andare maggiormente avanti con gli anni,  di qualche decina. Ho pensato a come potrebbe essere il mondo tra settant’anni, nel 2089.Andando più avanti rispetto agli illustrissimi cineasticitati prima.- Tra l’altro, meno di un anno fa è uscita una commedia italiana sul viaggio nel passato, ma di un solo minuto indietro, da cui il titolo famoso Appena un minuto. Per non parlare del bellissimo  Non ci resta che il crimine ed il suo sequel non uscito ancora a causa del Covid.- In Italia l’argomento non è nuovo. Il mio approccio è un umile esempio, che presento allo spettatore con l’intento di poter ragionare insieme sul tema. – Il mio 2089 è un tentativo di mettere in scena l’idea che ho di un progetto molto più ampio, e che ho preferito traslocare sin dal principio dalla mente alle pagine e dalle pagine al video. Però in video mi sono soffermato maggiormente sulle emozioni  dei protagonisti e meno sulle scenografie e le azioni.Del resto era impossibile fare diversamente…- Sul concetto del libero arbitrio, su cui si base la storia, sui conflitti interiori del fondatoredell’Agenzia di questa serie, Sandro Cinno, e sul resto preferisco lasciare che la storia si interfacci prima con qualche spettatore, poi parlarne nello specifico, in futuro.- Di sicuro ciò che ho messo in scena è, come hai detto tu, un punto di partenza. Dal quale spero, però, di poter concretizzare un discorso narrativo più complesso. Per ora, i mezzi ci hanno concesso di offrirvi questo risultato. Spero vi piaccia l’idea. Perché, come amo sottolineare quando parlo di cinema,  questa bellissima arte ha bisogno di molte figure tecniche per darne una dimostrazione.  In base ai mezzi viene fuori un risultato. Ma anche quando i mezzi sono pochi, o inesistenti, bisogna fare appello al criterio di serietà per quello che si narra. Poi ciò che si racconta può essere gradito o meno, ma serve la serietà artistica per proporre la storia ad un pubblico. In generale, tutti i cineasti hanno bisogno di una squadra. Dal mio canto, con soddisfazione, decanto la mia: un merito ai validi e grintosi Alessia Fergola e Giancarlo Izzo, che colgono a volo le mie idee. Gli unici con me su questo set, come troupe, come suggeriscono i titoli di coda; nel cast, oltre agli ottimi giovani attori Michele Civitillo e Gianmarco Bisesti, cito l’amico e validoillusionista Giuseppe Catalano, protagonista nel secondo episodio; Ciro ed Emanuela, cari amici ed aiutantiimprovvisati, dietro le quinte, efficienti ed in gamba come pochi; Maria Sole Liguorigià presente in altri miei corti, è il personaggio fondamentale della storia, apre il primo episodio;  Miriam Altomonte, artista polivalente, è protagonista nel terzo episodio;  l’amica pianista Elena De Masellis suona in modo eccellente Per Elisa di Beethoven nel primo episodio;  i bravissimi cantanti Antonio De Rosa e Naomi Stella emozionano con le loro incantevoli voci nel quarto episodio. – Le personalità e le virtù di ognuno di loro sono stati elementi utili a livello drammaturgico. In questa serie ho messo in atto un esperimento: gli amici  artisti citati avrebbero girato, attraverso le loro qualità, senza conoscere la storia. Ma avrebbero visto il prodotto finale una volta montato. Loro non  sapevano cosa stessero girando, e lo hanno trovato divertente e stimolante per questo. Capivano, però, che stavano mettendo le loro doti presenti a favore di una storia che si stava formando,  e si sarebbe completata anche grazie alle loro capacità.- Ti ringrazio per l’augurio di vedere realizzato il mio progetto come film o serie.- Chissà come sarebbe una serie tv su 2089, ma soprattutto chissà come sarà il vero futuro 2089…-

MMI: Il tuo personaggio utilizza uno smartphone per immortalare un momento particolare del passato da poter portare con sé nel futuro e conservare come un bellissimo cimelio. Quanto è importante il linguaggio social a livello memoriale? Nei millennial ogni piccolo istante di vita viene immortalato dalla fotocamera. Abbiamo paura di dimenticare o di essere dimenticati?

 Maria Sole Liguori: Oggi internet é diventato parte della nostra vita, e i social la nostra priorità e i nostri ricordi. Sono dell’idea che tutto viene immortalato dalla fotocamera, semplicemente per ricordare i momenti e le persone a distanza di anni. Perché come ben sappiamo le persone con il tempo si possono allontanare, non fanno parte più della nostra vita ma grazie alle foto si possono rivivere quei momenti nella nostra mente. Come in questo corto anche in un altro che ho interpretato, dal titolo Laura, sempre scritto e diretto da Antimo, l’uso del cellulare e in particolare del social ha un forte impatto. In questo caso proprio perché si vuole dimostrare sempre di più, i social sono diventati la nostra droga e cerchiamo di mostrarci il più possibile. Cerchiamo di apparire più che essere, mostrando cose che non ci appartengono solo per essere “accettati” in un mondo dove ormai l’ostentare è una routine. Quindi concludo dicendo che sicuramente abbiamo paura di dimenticare e il web ha avuto un impatto positivo ma nello stesso momento anche negativo.-  

MMI: Com’è recitare per te che non sei attrice di studio in una serie indipendente?– 

Maria Sole Liguori: Per me che sono timida creare delle mimiche facciali, trovarsi avanti a una cinepresa, è stato difficile però dopo un po’, capendo il ruolo da interpretare, e prendendo confidenza, pian piano diventa molto più piacevole e viene quasi automatico poi muoversi in quel ambiente. E la soddisfazione  più grande avviene  proprio alla fine quando vedi il cortometraggio montato e finito,  vedendo te stessa, su quello schermo, è strano ma allo stesso momento gratificante, si prova una gioia immensa soprattutto per il fatto di essere riuscita a creare qualcosa, a vederti in una veste completamente diversa, a interpretare una personaggio ben distante da te. E soprattutto la cosa più bella é farlo vedere alle persone a te care e vedere che ti appoggiano per quello che sei riuscita a fare, grazie anche al potenziale che Antimo ha visto in me, scegliendomi, così da darmi un’opportunità. 

Forse l’elemento più affascinante di questo cortometraggio, che si pone senza dubbio in maniera innovativa, è la possibilità di sapere in anticipo la data esatta della propria morte. Il fatto di interpretare una donna anziana del 2089  che chiede di tornare indietro, nella sua giovinezza, in un momento cruciale della sua vita che è proprio il 2019, mi fa un po’ strano, perché alla fine il futuro è incerto, soprattutto oggi, dopo il coronavirus.- Nel corto io, da personaggio, credo di aver trascurato qualcosa di importante per me e voglio tornare indietro per “possedere” ancora qualcosa che per me è stato importante…- Io non so come diventerò tra 30 anni però il fatto di avere avuto la possibilità di realizzare una cosa del genere, alla fine un po’ paradossale, mi ha fatto proprio porre molte domande. Sì, sono giovane e fa sempre strano pensare al futuro, sapere che indietro non si può tornare, che ritornare indietro nel tempo può succedere solo nei film.- Quindi mi sono resa conto che anche nella vita reale una persona deve cercare di dare il meglio, di non avere rimpianti, di vivere la propria vita al massimo  anche se poi pensando al futuro, so che  i rimpianti fanno sempre parte della nostra esistenza.

MMI: Il tuo personaggio incarna l’agenzia ‘Riconfronti’. Trovi che conoscere la data della propria morte comporti un condizionamento delle scelte di vita?

Gianmarco Bisesti: Penso di si. Io, anche se entro in scena dal primo episodio, divento protagonista nel secondo.. Sono il nipote del fondatore dell’Agenzia, mio zio, e dopo la sua morte ne prendo il comando controvoglia. Preferisco rispondere da personaggio. Io sono nella serie il nuovo direttore dell’agenzia e credo fortemente che conoscere la data della propria morte in anticipo condizioni la vita. Il mio personaggio assiste ivari clienti ed i loro viaggi nel passato. Per lui èdifficile, perché è con loro quando ringiovaniscono, ed è con loro quando li riporta nel 2089. Sapere troppe cose in anticipo grazie alla tecnologia, comporta comunque un condizionamento nel modo di vivere. Sidiventa meno umani. Può essere una sofferenza ed è quello che crede il nuovo direttore. Ed è questo il suo conflitto interiore. Il finale è aperto ma le sue intenzioni sono chiare. Vuole chiudere l’agenzia.

Chiedo anche a te: Cosa si prova a recitare in una serie indipendente?

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Gianmarco  Bisesti: Uno degli elementi più affascinanti di un cortometraggio indipendente è sicuramente la poetica autoriale che il regista può esprimere liberamente lungo il processo filmico, tenendo conto solo del proprio talento e  quello che il budjet offre. A mio avviso, Antimo è stato molto coraggioso perché 2089 presenta storie di vite che si intrecciano in un futuro non molto lontano dal nostro presente, dove i protagonisti hanno la possibilità di tornare indietro nel tempo e osservarsi, guardarsi. Mi piace molto questo gioco dello sguardo; Da un parte c’è la macchina da presa che  osserva, dà vita ai personaggi, e dall’ altra ci sono i personaggi che si guardano e si riscoprono. 2089 è un opera Postmoderna, lontana dalle tematiche ricorrenti  del  nostro cinema italiano contemporaneo e spero che possa portare una ventata di aria fresca nel panorama dei corti nostrani. – In questo periodo dove il mercato è saturo e c’è un ampia offerta di attori, ma meno di ruoli, sarò sempre grato ad Antimo per avermi dato la possibilità di esprimermi, per avermi dato fiducia. – E poi siamo stati fortunati perché la nostra scenografa Alessia ha saputo soddisfare al meglio tutte le richieste del reparto registico, anche con poco.- Se si osserva bene il corto, si noterà che c’è un forte richiamo al Rosso, infatti credo che i colleghi abbiano voluto omaggiare il Caravaggio o il rosso che richiama la finzione scenica e il sipario teatrale. –  – Si prova una forte emozione nel dar vita a un personaggio e io mi diverto come non mai. – Recitare non deve essere preso troppo alla leggera, infatti molte persone, soprattutto nel nostro paese, pensano che recitare sia facile, si impara il copione e via…si recita. Solo noi attori possiamo sapere cosa c’è dietro un testo o un  personaggio… mesi e mesi di studio fatti di sacrificio, perseveranza e costanza per potergli dare più dignità possibile.  L’ intervento- registico è essenziale. E’ proprio il regista che in precedenza pensa a un qualcosa, ad un immagine, e spetta a lui concretizzarla, darle corpo e vita. Noi – Da attore  quando mi rivedo, mi sento sempre un po’ imbarazzato e penso che avrei potuto fare molto, molto di più.

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