“Docile”, in scena al Teatro Rasi di Ravenna, con Consuelo Battiston, regia di Gianni Farina
“Docile “
di Gianni Farina e Consuelo Battiston
con Consuelo Battiston e Andrea Argentieri
regia di Gianni Farina
Produzione Menoventi – E-production
Non è solo sfortunata. E’ inetta e inadeguata a un mondo sempre più veloce che non aspetta chi resta indietro. Linda Barbiani, trentenne o giù di lì, è la protagonista di “Docile”, spettacolo che mischia denuncia sociale e humor. Personaggio dalle tinte kafkiane che fa riflettere sulla dicotomia tra libertà di scegliere e potere del caso.
In scena ieri sera al Teatro Rasi, per la regia di Gianni Farina e interpretato da Consuelo Battiston della compagnia Menoventi, “Docile” è il secondo appuntamento della Stagione di Ravenna Teatro.
Si apre con il corso di empowerment tenuto dal roboante motivatore Guglielmo Bonora (Andrea Argenteri), che promette agli spettatori di trasformare i loro desideri in obiettivi da raggiungere.
Gli stessi ai quali prima di entrare in sala è stata distribuita una cartella di numeri e una penna per giocare alla lotteria.
“Spesso è proprio il caso a riservare opportunità che nemmeno immaginiamo” dice, mentre coinvolge il pubblico in una sorta di seduta terapeutica collettiva. Poi va a pescare tra i partecipanti la vittima prescelta, Linda appunto.
Inizia così un’inedita biografia, con i dati tracciati sullo schermo dell’enalotto, di una giovane come tante, che il caso ha fatto nascere in una provincia dell’Italia del nord, senza nessuna particolarità. Tranne quella di aver conosciuto a fondo il feroce comportamento della galline, a cui badava da piccola nell’allevamento del padre.
Le galline, racconta, quando individuano la più debole del gruppo iniziano a beccarla nell’ano fino a farle uscire le budella e finirla in un rumoroso e inquietante rito di purificazione del dna.
A Linda invece, nessun bagaglio genetico ha permesso di stare nel mondo con le qualità necessarie. Nessun talento, nessuna predisposizione alla lotta. Solo passività e rassegnazione, fagocitate dalla voce fuori campo di una madre stanca che le parla al telefono, ripetendo le stesse frasi nel cantilenante dialetto veneto.
Linda è una gregaria destinata a soccombere di fronte a interlocutori che sente sempre una spanna più avanti rispetto a lei. Che sia il suo borioso medico condotto che sta curando il suo mal di pancia o l’incalzante computer che non rispetta i suoi tempi quando si presenta per registrare un videocurriculum.
Il corso di empowerment però, inaspettatamente, le porta bene. Trova lavoro proprio nella culla del caso: una sala bingo dove annuncia i numeri dal microfono. Sembra aver ritrovato la speranza di un cambiamento. Ecco che poi arriva la notizia di una gravidanza inaspettata.
Ma non aspetta un bambino, il suo ventre ospita una mutazione genetica, quella della donna-gallina che partorisce le uovo d’oro. Le parti tra la vittima e i suoi carnefici improvvisamente si rovesciano.
Il dottore si smaschera, diventa inquieto quando capisce che lei non gli lascerà le sue uova da studiare, non si lascerà portare via quello che ha di prezioso.
Ecco allora che la surreale e tragicomica favola che viene raccontata ci parla anche di altro. Di chi decide di non sottomettersi più a un destino che forse non era poi così voluto dal caso.
Di come tutto questo, in fondo, sia ancora una volta la conseguenza di una dialettica storica mai risolta tra chi sfrutta e chi viene sfruttato, tra chi domina e chi è dominato.
Anna Cavallo