Una carriera di circa dieci anni fatta di ruoli impegnativi e vari riconoscimenti. Attualmente in lizza per il David di Donatello come Miglior attore protagonista in Martin Eden, Luca Marinelli è uno dei volti più importanti nel cinema italiano. La sua è una carriera costellata da interpretazioni sempre diverse e impegnate, che lo hanno reso un vero e proprio trasformista. Metropolitan Magazine propone oggi un focus sui ruoli più significativi nella carriera dell’attore.
Luca Marinelli e i cinque ruoli fondamentali del suo percorso attoriale
Mattia Balossino (La solitudine dei numeri primi, 2010)
Quello di Mattia, protagonista di La solitudine dei numeri primi (regia di Saverio Costanzo, attualmente in televisione con L’amica geniale), è un ruolo forte, pesante, complicato.
Marinelli è alla sua prima prova cinematografica e con discreto rispetto si cala nei panni di un giovane con tendenze lesionistiche, tormentato dalla scomparsa della sorellina, che vede nell’amicizia con Alice l’unico senso alla propria vita e l’unica via d’uscita dalla solitudine.
Cesare (Non essere cattivo, 2015)
Cesare e Vittorio sono due amici di vecchia data le cui strade, all’apparenza indivisibili saranno destinate a separarsi sullo sfondo di una borgata romana alle prese con la criminalità quotidiana. Un ambiente, questo, che eredita elementi della tradizione cinematografica precedente, passando da Accattone arrivando ad Amore Tossico.
Per lo struggente e letale ruolo di Cesare, Luca Marinelli ha vinto il Premio Pasinetti al Migliore attore durante il Festival di Venezia del 2015.
Lo Zingaro (Lo chiamavano Jeeg Robot, 2015)
Lo Zingaro è un delinquente affetto da megalomania con un’unica ambizione: diventare il boss della mafia capitolina. Mentre cerca di portare a termine questo sogno, aiutato dalla criminalità organizzata napoletana, si diletta nel coltivare un’altra passione: quella per la musica anni ’70-’80 italiana, ritrovando in Loredana Bertè e Anna Oxa le sue dive preferite.
L’influenza delle due cantanti è riscontrabile anche nel look dello Zingaro: sempre molto ricercato, patinato e curato, che strizza l’occhio a David Bowie e all’androginia tipica di quegli anni.
Possiamo dunque definire Lo Zingaro un queer, e non senza basi solide. Per interpretare questo ruolo, infatti, Marinelli si è ispirato al lavoro che Ted Levine fece per Buffalo Bill, il killer en travesti de Il silenzio degli innocenti.
Per questa interpretazione, l’attore nostrano è stato premiato con il David di Donatello a Miglior attore non protagonista, nel 2016.
Fabrizio De André (Fabrizio De André – Principe libero, 2018)
Marinelli ha sulle spalle un peso grandissimo: rendere degnamente omaggio ad uno dei più grandi cantautori italiani, Fabrizio De André.
La storia di Principe libero comincia in medias res, dal rapimento del cantante e della compagna Dori Ghezzi da parte dell’Anonima Sarda. Durante i quattro mesi di prigionia, Fabrizio ripercorrerà tutta la propria vita, attraverso i ricordi più significativi, molti dei quali lo hanno condotto a diventare una stella ancora brillante della tradizione musicale italiana (come, ad esempio, la prima volta che un giovane Faber – nome che gli aveva dato l’amico d’infazia Paolo Villaggio – imbraccia una chitarra).
Martin Eden (Martin Eden, 2019)
Il ruolo di Martin Eden, giovane proletario napoletano dell’inizio del XX secolo, è valso a Luca Marinelli la Coppa Volpi alla 76° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
L’uomo è il protagonista dell’omonimo romanzo di Jack London del 1909, a cui il film liberamente si ispira. L’opera mette in luce gli aspetti contraddittori di un individuo che finisce per rinchiudersi in un anacronistico isolamento, ormai completamente dissociato e disilluso dalla realtà.
Per questo ruolo, Marinelli è attualmente in gara per il David di Donatello come Miglior attore protagonista, la cui premiazione si terrà il prossimo 3 aprile.
Chiara Cozzi
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