Ai Fen è una dottoressa di Wuhan, direttrice del reparto di emergenza all’ospedale centrale della città cinese. Il 30 dicembre ha tentato di avvertire i colleghi dell’epidemia in atto, inviando su Wechat i risultati del test fatto ad un paziente affetto da grave polmonite. Il risultato era spaventoso: “SARS Coronavirus”.
L’intervista a Renwu
Ai Fen è diventata celebre in Cina il 10 marzo, quando il giornale Renwu, o People in inglese, ha pubblicato una sua intervista, censurata dai social cinesi dopo sole tre ore dalla pubblicazione.
Da quel momento, i netizen cinesi riferiscono che è impossibile mettersi in contatto con Ai Fen e temono sia stata prelevata dalle autorità. Nel frattempo, hanno tentato in tutti i modi di ripubblicare l’articolo, usando vari espedienti quali la trascrizione con i caratteri tradizionali cinesi, il codice Morse, l’utilizzo di emoji e così via.
Nell’intervista a Renwu, la dottoressa afferma di essere stata rimproverata duramente dai suoi superiori per aver diffuso notizie che avrebbero potuto turbare la serenità della popolazione, e le fu intimato di non farne più parola con nessuno, né con i colleghi, né con gli amici.
Il virus, stando ai poco attendibili dati cinesi, è costato la vita ad oltre 3000 cittadini in tutto il paese, più di 2500 nella sola città di Wuhan, ma in molti sospettano che il numero delle vittime è di gran lunga superiore.
“Se avessi saputo cosa sarebbe successo, non mi sarei preoccupata del rimprovero. Ne avrei parlato con chiunque”, ha detto nell’intervista.
I fatti raccontati da Ai Fen
Il 30 dicembre, dopo aver visto diversi pazienti con sintomi simil-influenzali e resistenti alle solite terapie, il primo dei quali ricoverato il 16 dicembre, Ai ha ricevuto i risultati di laboratorio dei test svolti su un paziente, che conteneva la parola: “Sars coronavirus“. Leggendo i risultati più volte, dice di aver iniziato a sudare freddo.
Cerchiò in rosso la parola Sars, scattò una foto del referto e la inviò ad un collega che lavora in un altro ospedale di Wuhan. La sera stessa, il documento era circolato in tutti gli ambienti medici della città, e si presume sia lo stesso documento condiviso dal dott. Li Wenliang e che gli costò la convocazione in commissariato e l’obbligo di ammettere di aver diffuso false notizie.
Nel corso della notte, Ai Fen ha poi ricevuto un messaggio dal suo ospedale nel quale si intimava di non diffondere notizie su questa misteriosa malattia per evitare di creare il panico nella popolazione. Due giorni dopo, è stata convocata dal responsabile del comitato di controllo disciplinare della struttura ospedaliera ed ha ricevuto un rimprovero che lei ha definito “senza precedenti e severo”.
Contestualmente, per ordine dei responsabili dell’ospedale, a tutto il personale è stato vietato di condividere notizie o immagini relativi al misterioso virus.
Messa con le spalle al muro, Ai Fen racconta di aver potuto solamente tentare di convincere il personale medico di indossare indumenti protettivi e mascherine, in contrasto con quanto ordinato dai superiori. Il consiglio era di indossare le tute protettive e di nasconderle sotto il camice da medico.
Solo alcuni giorni dopo autorità governative hanno iniziato, timidamente, a diffondere le notizie relative ad un virus che si sarebbe diffuso nel mercato di Wuhan, negando la trasmissione uomo a uomo. Fino ad allora, si ha notizia solo di un documento inviato all’OMS, datato 31 dicembre, nel quale si parlava di alcuni casi di una misteriosa polmonite nella città di Wuhan.
“Abbiamo visto arrivare sempre più pazienti mentre il raggio della diffusione dell’infezione si allargava“. Ai Fen, si riferisce a numerosi pazienti affetti da simili identici a quelli del coronavirus, ma che non avevano alcun legame diretto con il mercato ittico. “Sapevo che ci doveva essere una trasmissione da uomo a uomo“.
Le scene dell’ospedale raccontate da Ai Ben
Nell’intervista, Ai ha descritto alcuni episodi che l’hanno colpita particolarmente: un uomo anziano che fissa con sguardo perso un medico che gli consegna il certificato di morte del figlio 32enne, o un uomo che era troppo malato per uscire dalla macchina con la quale era stato portato in ospedale e che è morto prima che lei potesse raggiungerlo per prestargli assistenza.
Ai ricorda quando un uomo la ringraziò per aver organizzato il trasferimento della suocera nella struttura ospedaliera. La donna, purtroppo, morì non appena arrivata in reparto.
“So che sono passati solo pochi secondi, ma quel ‘grazie’ mi pesa molto. Nel tempo impiegato per dire questa frase, avremmo potuto salvare una vita?”
Il pensiero di Ai va anche a tutti i colleghi che ha visto ammalarsi durante l’epidemia, quattro dei quali sono deceduti per causa del virus. Uno di questi era il famoso dott. Li, la cui morte ha risvegliato la coscienza dei cittadini cinesi e la rabbia nei confronti del governo, prima che questa venisse subito silenziata e la morte del medico strumentalizzata dal Partito Comunista.
Le autorità hanno confermato la trasmissione uomo a uomo soltanto il 21 gennaio
Soltanto il 21 gennaio le autorità cinesi hanno confermato che il virus si trasmetteva anche tra umani, ma già allora il pronto soccorso aveva già accolto un numero di pazienti assolutamente anormale, fino a 1523 in un solo giorno.
Tutto il resto è abbastanza noto, da allora giornali e media di tutto il mondo raccontano quotidianamente l’evolversi della pandemia, mentre medici ed infermieri lottano contro un nemico invisibile, ed i popoli piangono i propri morti.
L’intervista di Ai Fen si conclude così:
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