Blitz in Calabria della polizia che, grazie al monitoraggio di alcuni summit di ‘ndrangheta effettuato nell’operazione Malefix, sono riusciti a ricostruire il tentativo di scissione della famiglia facente capo a Luigi Molinetti dalla casa madre dei De Stefano, storicamente egemone anche nel centro di Reggio Calabria. In manette anche Giorgio “Giorgetto” De Stefano, soprannominato appunto “malefix” a colpi di post sui social dalla compagna Silvia Provvedi, del duo “Le Donatella”, che da lui ha appena avuto una figlia venuta al mondo il 18 giugno.
Nato Giorgio Confello Fibio, “Malefix” è figlio illegittimo del boss Don Paolino, ucciso nel 1985: gli quale è stato permesso nel tempo di prendere il cognome del boss e anche un posto nell’organizzazione criminale della famiglia. Secondo gli investigatori la volontà di Gino Molinetti e dei figli di rendersi autonomi nasceva dal malcontento del gruppo per l’iniqua spartizione dei proventi estorsivi, il mancato riconoscimento di avanzamenti gerarchici nell’organizzazione, la mancata elargizione di prebende che pretendevano in virtù degli anni di fedeltà e dedizione alla cosca, e nell’avversione alle pretese espansionistiche dei Molinetti sul locale di Gallico.
Vasta operazione della polizia di Stato, coordinata dalla Dia di Reggio Calabria: 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nei confronti dei capi storici, elementi di vertice, luogotenenti e affiliati alle cosche della ‘ndrangheta De stefano-Tegano e Libri, attive nella città di Reggio Calabria. Tra gli arrestati anche Giorgetto De Stefano, attuale compagno di Silvia Provvedi dalla quale ha appena avuto una figlia.
Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, diverse estorsioni in danno di imprenditori e commercianti, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dal metodo e dalla agevolazione mafiosa. Gli arresti sono stati eseguiti anche in altre province d`Italia, con il supporto delle Squadre Mobili di Milano, Como, Napoli, Pesaro Urbino, Roma.
E’ emerso che ciascuna consorteria raccoglieva le estorsioni secondo prassi che non tenevano conto degli accordi in base ai quali i proventi dovevano essere divisi tra le cosche di riferimento sul territorio. Antonio Libri, che aveva assunto le redini dell’omonima cosca dopo l`arresto dei capi, aveva saputo che era stata raccolta da Carmine e Giorgio De Stefano una consistente somma di denaro (alcune migliaia di euro), senza che nulla venisse corrisposto ai Libri.
L’episodio estorsivo riguardava un noto imprenditore reggino della ristorazione, titolare anche di alcuni locali di intrattenimento. Di questo fatto Antonio Libri aveva informato Orazio Maria De Stefano, esponente di vertice dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta nonché altri esponenti della famiglia federata dei Tegano, con alcuni dei quali aveva organizzato un summit per definire nuove e congiunte prospettive di profitto attraverso l’innovazione delle modalità operative estorsive ai danni degli operatori economici e la formazione di un gruppo misto costituito da appartenenti alle due distinte consorterie.