Piero della Francesca nasce a Borgo Sansepolcro, provincia di Arezzo, probabilmente nel 1412. Morì nello stesso paese il 12 ottobre 1492, importante data in cui venne scoperta l’America da Cristoforo Colombo. Fra le due date non rimase nel piccolo borgo, infatti la sua carriera lo portò da Rimini a Roma, da Ferrara ad Urbino, e da Firenze ad Arezzo.
Di lui rimangono in tutto circa una ventina di opere, compresi i polittici e i cicli affrescati. Eppure così poche opere ne hanno fatto un mito della cultura mondiale. Oggi è ritenuto uno dei personaggi più complessi e importanti del Rinascimento italiano, anche se considerato per la sua epoca troppo esoterico.
Piero aritmetico
Piero delle Francesca è stato artista e matematico, apparentemente due ruoli agli antipodi. Fu il primo pittore della certezza, rappresentando bene quello spirito che darà vita al Rinascimento. I suoi studi prevedevano una scomposizione delle figure e dei luoghi, in singole sezioni realistiche e prospettiche, come spiegato nei suoi trattati matematici.
Sulla base di questo scrisse tre testimonianze: il Trattato d’abaco, il De prospectiva pingendi e il De quinque corporibus regularibus. Tutte muovevamo attorno all’idea che la pittura sia basata su regole aritmetiche e geometriche, e che le leggi che regolano la prospettiva siano fondamentali per una buona riuscita dell’opera.
La Flagellazione di Cristo, del 1460, è una delle opere che meglio si presta alla spiegazione della visione prospettica di Piero della Francesca. Il dipinto, infatti, è diviso in due scene: da una parte, in un’architettura classica vi è la flagellazione di Cristo; dalla parte opposta, in primo piano, vi è l conversazione di tre figure, ancora oggi non identificate.
Nella prima sezione del quadro, la posizione delle colonne e il pavimento creano lo sfondamento del piano, portando la scena di tortura in secondo piano ma perfettamente proporzionata. I personaggi in conversazione sulla destra invece, accentuano maggiormente la diversità dei piani. L’intero dipinto offre una visione che necessariamente deve essere divisa in due momenti, quasi cinematografica.
Piero simbolico
In un universo pittorico così pensato e scientificamente costruito, dove la geometria e la prospettiva ne fanno da padrone, anche i personaggi devono essere coerenti con esso. Ecco che in tale senso Piero della Francesca, odiando la narrazione proposta banalmente, fa assumere alle figure valore simbolico e intellettuale.
I personaggi, infatti non vengono scelti casualmente, ma incarnano valori assoluti. Piero della Francesca, in tutte le sue opere introduce svariati particolari simbolici, sottolineando un’attenzione ai dettagli, tipica della pittura fiamminga.
In merito a questo, non possiamo che citare la Pala di Brera ( o Pala di San Bernardino). Notiamo come qui sia visibile l’importanza dei personaggi e dei dettagli simbolici. Al centro della composizione vi è la Vergine e il bambino. Attorno ad essa, sono presenti tutti i Santi, riconoscibili da indumenti e oggetti che li rappresentano. Il militare in basso è il duca Federico da Montefeltro, committente della Pala.
Per quanto riguarda i dettagli simbolici nell’opera possiamo far riferimento, ad esempio, al corallo rosso al collo di Gesù Bambino, utilizzato come amuleto per la protezione dei neonati. La valva di capasanta che decora l’abside è un simbolo cristiano. Inoltre, l’uovo appeso, oggetto di perfezione, simboleggia la rinascita, quindi, la Resurrezione di Cristo.
Il problema cronologico
Uno tra i problemi più grandi di Piero della Francesca è la cronologia delle sue opere. Ci si trova infatti davanti ad un artista che presenta numerose varianti stilistiche e una scarsissima documentazione storica. Le uniche “certezze” in merito alla sua vita ed opere, risalgono ai racconti allo scrittore aretino Giorgio Vasari.
Federica Minicozzi