Wabi-Sabi: nel nuovo appuntamento della rubrica Parole dal Mondo, un termine che rimanda all’estetica giapponese, successivo, al termine Shibusa, trattato in precedenza.
La bellezza imperfetta che nasce con il fluire del tempo
Una parola riferita ad un concetto di estetica giapponese basato sulla semplicità della bellezza e la transitorietà di quest’ultima. Etimologicamente, si riferisce ad una parola composta: wabi – povertà, semplicità – e sabi, indicante la bellezza che sboccia con il fluire del tempo. Originariamente, però, le parole avevano un significato differente: wabi si riferiva alla solitudine della vita, ovvero, uno stato di natura lontano dalla società; sabi, invece, si traduceva con gli aggettivi freddo, appassito. In seguito, la semantica del termine subì un mutamento, assumendo connotazioni positive come precedentemente menzionato. Wabi è l’eleganza non ostentata; sabi la beltà che sopraggiunge con l’avanzare dell’età. Terada Torahiko, – fisico ed autore giapponese – affermò che, il concetto si può evincere immaginando un tipo di la bellezza che trapela dall’interezza di un qualcosa di antico, non necessariamente in rapporto con la sua apparenza. Un esempio calzante si ritrova in una roccia ricoperta di muschio.
Wabi-Sabi, arte e filosofia di un concetto
Un’altra interpretazione del significato semantico di Wabi-Sabi, si traduce con bellezza triste. Un riferimento, quindi, a un tipo di beltà austera, algida e malinconica. Ma Wabi-Sabi non è solo una sensazione: è l’anima che attraversa l’estetica giapponese. Sul modello estetico europeo che venerava la bellezza apollinea e perfetta si fa spazio, successivamente, un altro tipo di arte: adesso sono la malinconia, la nostalgia, l’inquietudine, ad essere celebrate. Diventano questi, quindi, i temi privilegiati dall’arte: una bellezza struggente, decadente, antica, che però veicola un messaggio di vita vissuta e di bellezza sepolcrale.
Artisti, scrittori, poeti, musicisti vanno a caccia di rovine, cimiteri vetusti, antichità, luoghi desolati per trarne la propria tormentata ispirazione e farne arte. A questo proposito, si ha un punto d’incontro inesorabile fra estetica europea e giapponese: si esalta una amenità senza orpelli e fronzoli che affonda il suo splendore nell’inesorabile scorrere del tempo. Il fluire delle stagioni, racchiude in sé una nostalgia che non è propriamente tristezza in senso negativo, ma una nostalgia tramutata in dolcezza. Wabi-Sabi è una filosofia di vita giapponese che si fonda, quindi, sull’accettare l’imperfezione e la fugacità delle cose come parte dell’esistenza. Questo tipo di arte è spesso associata all’antiquariato, agli utensili antichi o danneggiati in qualche punto e, proprio per questo, belli. Riparare gli oggetti rotti invece che buttarli: questa è l’essenza del Wabi-Sabi, poiché, quell’oggetto consunto ha una storia, proprio perché vissuto.