“Dedicato ai folli che sognano”, così recita la tagline di uno dei più famosi musical del nostro secolo, “La La Land”. Il film di Damien Chazelle, uscito nelle sale italiane a Gennaio 2017, è un malinconico tributo al vecchio cinema hollywoodiano e mette al centro l’amore, la musica e la voglia di realizzare i propri sogni. E proprio come un vecchio film di Gene Kelly o Fred Astaire, presenta una trama esile e dei numeri curati alla perfezione. La storia ormai dovremmo conoscerla tutti: Mia (Emma Stone) lavora come barista agli Studios e vorrebbe fare l’attrice, Sebastian (Ryan Gosling) è un pianista squattrinato che sogna di aprire un locale jazz. I due si incontrano e si innamorano, comprendendosi nella volontà di realizzare i propri sogni. Ma la vita accade, e non sempre i due riescono a capirsi.
La pellicola del regista statunitense è una riuscitissima operazione nostalgia. Proprio come avevano fatto in passato grandi successi come “Grease” e “Cantando sotto la pioggia”, “La la land” rievoca l’idea romanticizzata di un’epoca lontana, operazione che piace molto al pubblico di tutte le età. Ma a differenza dei registi dei due film precedentemente menzionati, Damien Chazelle ha deciso di non dare mai coordinate storiche precise alla vicenda. Costumi anni ’50, ambientazioni senza tempo, una fotografia dai colori vivaci e sentimenti e problemi moderni, questi gli elementi del film di Damien. Tutto ciò rende l’opera universale, un gioiellino che parla a tutti, anziani e giovani.
Il finale di “La La Land”
Il vero elemento di modernità del film sta nella sua conclusione. Damien crea infatti due finali alternativi, che rappresentano un po’ ciò che è accaduto realmente e ciò che avrebbe desiderato il pubblico, ma anche la contrapposizione tra il “vissero tutti felici e contenti” dei film di un tempo e i finali del cinema odierno, molto più realistici. E in questo la sua pellicola si pone come superamento del musical classico hollywoodiano. Non tutto è semplice e non tutto sarà al posto giusto anche se raggiungeremo i nostri sogni. Chazelle ci vuole dunque dire che la realtà è ben lontana dall’illusione delle conclusioni da favola proposte dal cinema classico.
Questa finale così “realistico”, però, sembra stonare con tutto il racconto, e sembra quasi una forzatura. Forse perché il regista non riesce, in sceneggiatura, a costruire bene le vicende che portano alla separazione dei due protagonisti. Ma, se può non convincere alcuni, è anche ciò che ha resto il film così apprezzato da una buona parte di critica e non solo: perché pur rappresentando due ore di svago, alla fine il film racconta anche la vita vera. E’ divertente e malinconico allo stesso tempo. Come può essere la realtà di tutti noi.
I premi vinti e gli acclamati protagonisti del film
Chazelle desiderava girare “La La Land” da anni, ma non aveva mai trovato qualcuno che credesse nel suo progetto. Forse perché ormai il musical è considerato un genere morto. Ma dopo il successo al Sundance Festival della sua seconda opera, il film musicale “Whiplash”, il regista statunitense ha ricevuto fiducia dai produttori, e ha dimostrato che il musical è un genere che può dare ancora tanto. E a dimostrarlo sono stati anche gli innumerevoli premi vinti da “La La Land”: tra i tanti, 7 Golden Globe e 6 Oscar, uno dei quali vinto da Emma Stone, che a Venezia ha vinto anche la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile.
Una vera sorpresa, perché la Stone, proprio come il collega Ryan Gosling, non è né una cantante né una ballerina. E si nota bene, dalle sue difficoltà nella coreografia di “A lovely night” al tremolio della sua voce in “City of stars”. Ma probabilmente è questo che ha colpito particolarmente: l’imperfezione delle sue performance, il suo essere una persona comune che insegue un sogno. Il fatto che al posto suo ci sarebbe potuto essere chiunque. E invece c’è lei, che conquista tutti con la sua recitazione volutamente teatrale che si ispira al modo di interpretare dei protagonisti dei vecchi musical.
Al contrario, invece, Ryan Gosling recita sempre con una certa misura, costruendo alla perfezione l’aria tormenta dell’artista jazz che incarna. Sicuramente il collega della Stone se la cava meglio con la danza e con il canto. È inoltre interessante notare che a suonare il piano fosse proprio lui. Infatti Ryan è un musicista, e spesso nei film in cui ha recitato ha collaborato anche nella realizzazione della colonna sonora.
La musica e le ispirazioni registiche di Chazelle
L’elemento più forte del film di Chazelle è sicuramente la musica. Il compositore Justin Hurwitz, con Benj Pasek e Justin Paul che hanno scritto i testi, ha creato dei pezzi indimenticabili. La tessitura musicale dei brani è complessa ma allo stesso tempo facilmente fruibile dallo spettatore. “City of stars”, che ha vinto un Oscar, è uno di quei pezzi che ti entrano subito in testa. Interessante il percorso di Sebastian, che parte dal jazz classico, per vendersi riluttante alla musica commerciale e tornare poi alle origini. Qui vediamo la partecipazione di John Legend, che scrive e interpreta il brano “Start a fire”. Proprio il suo personaggio chiede a Sebastian “Come puoi essere un rivoluzionario quando sei un tradizionalista?“. E in questo Damien ci mette molto della sua esperienza, perché con il suo “La La Land” dimostra che si può essere entrambe le cose.
Tantissime le ispirazioni registiche. Il pezzo “A lovely day” richiama i numeri di Fred Astaire e Ginger Rogers, e la scena del planetario si ispira fotograficamente alla performance di “You were meant for me” in “Cantando sotto la pioggia”. Damien ha raccontato che il suo film è un tributo al musical francese di Demy, “Gli ombrelli di Cherbourg”. La carrellata finale del film, tra pennellate alla Van Gogh e numerosi richiami a musical di un tempo, sembra quasi “mostrare” allo spettatore la dimensione del sogno, per poi tornare alla realtà. Chazelle ci regala un’immagine malinconica ma anche di speranza. Quella di realizzare i propri sogni, proprio come ha fatto lui regalandoci questa pellicola che è quasi una lettera d’amore alla magia dei film della vecchia Hollywood.
Paola Maria D’Agnone
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