Stasera in tv: Lucy. Luc Besson (Léon, Il quinto elemento) sconvolge i piani della percezione, attraverso l’eroina Lucy, che in seguito all’assunzione di una droga, acquisisce eccezionali facoltà intellettuali e sensoriali. Tra azione e riflessione sul rapporto tra umanità e conoscenza, un film dal formato schizofrenico e la qualità estetica semplicemente sfolgorante. L’umano, nell’esplorazione del proprio potenziale, è rappresentato come un universo, di cui la regia esplora percezione, temporalità ed evoluzione. Trucco e fotografia si allineano al tema cosmico e all’idea del risveglio cerebrale. La conoscenza è un freddo super occhio che si emancipa dalle ataviche emozioni umane, per mostrare una realtà decomposta, gelida e bellissima. Attraverso flashback, sbalzi spazio-temporali e digressioni documentarie, lo spettatore stesso acquisisce super poteri di telepatia e memoria, immedesimandosi ulteriormente nel viaggio della straordinaria protagonista.
L’americana Lucy (Scarlett Johansson), viene incastrata da un balordo amante a veicolare della droga per una gang di mafiosi, in Taiwan. La sostanza è un’imitazione sintetica e potenziata di un enzima prodotto dalle donne incinte per stimolare e fortificare il feto. La gang nasconde dei sacchi di droga nello stomaco di Lucy e di altri prigionieri, che, inviati in diverse città del mondo, ne permetteranno lo spaccio. Quando uno dei mafiosi picchia Lucy nello stomaco, il sacco si riversa nel suo corpo, facendole per sbaglio assumere la droga dai poteri eccezionali. Ha inizio un frenetico countdown in cui Lucy usa i nuovi poteri intellettuali e sensoriali, per fermare i mafiosi e recuperare gli altri sacchi di droga. Attraverso quest’ultima, ella potrà interamente accedere al proprio potenziale di conoscenza e trasmetterlo all’umanità, prima che la riproduzione frenetica delle sue cellule provochi la sua propria morte o dissoluzione.
Stasera in tv: Lucy, da animale a materia
Ci sono più connessioni nervose in un essere umano che stelle nell’Universo, afferma il professore Norman (Morgan Freeman). Tuttavia, le nostre facoltà intellettuali sono limitate allo sfruttamento del 10% del nostro potenziale. Aumentandole, le nostre percezioni si intensificano a tal punto da riuscire a leggere ed influenzare i movimenti degli altri e della materia stessa. L’accelerazione frenetica delle cellule nervose crea la trasformazione della protagonista. Essa infatti evolve dalla propria atavica animalità, poichè abbandona sentimenti e paure man mano che la propria intellettualizzazione progredisce. La conoscenza è, in altre parole, motivo di disumanizzazione. L’iniziale bestialità di Lucy è simboleggiata dal suo cappotto tigrato e dal suo nome, con cui i paleontologi hanno chiamato la scimmia “madre dell’umanità”. Il suo intrappolamento da parte dei mafiosi è poi visualmente paragonato all’uccisione di un’antilope da un gruppo di tigri. La donna è qui mostrata stravolta dall’istinto più forte di tutti: la paura.
Aumentando il proprio potenziale, la protagonista evolve, fino addirittura ad espandersi, al di là della propria persona. Ella saprà controllare i movimenti degli altri con il pensiero ed influenzare le onde elettromagnetiche; ed arriverà a dematerializzarsi progressivamente, fino alla virtualizzazione finale. L’abbandono dell’umanità è visualmente segnalato dalla progressiva assimilazione di Lucy ad uno stato di pura materia: dagli occhi colorati con tinte artificiali, alla capacità di trasformarsi in immagini di schermi, per poi decomporsi in pure forme molecolari. Queste “si nascondono” dentro ogni corpo umano, ma nel suo caso impazziranno a punto da inghiottire visualmente la donna. Lucy è consumata dal disfacimento della propria massa, e ridotta ad un puntinismo che rimanda all’idea del pixel e del simulacro digitale. Puntinismo che strizza inoltre l’occhio all’ “arte scientifica” di Seurat, il cui sapore si ritrova nelle immagini di Parigi, decomposta a fili di colorata energia dal super occhio della protagonista.
L’uomo è un universo o, perlomeno, un mondo
Il risveglio di conoscenza da parte di Lucy è sottolineato dal motivo dell’occhio, più volte inquadrato in primo piano. Questo assume i colori artificiali della droga ed è purificato ad un intenso monocromatismo che è immagine della gelida ed eterea super visione. Le iridi appaiono in seguito come delle splendide superfici planetarie, assimilando visualmente la protagonista all’estetica del cosmo. Nello stesso senso, il trucco riprende il tema delle stelle, attraverso la “costellazione “di macchie di sangue che non lascia mai il viso di Lucy e che affiora inoltre sui pavimenti riempiti di cadaveri. La fotografia segue il motivo siderale, con un bombardamento di riflessi e luci colorate che incorniciano la protagonista, simboleggiandone lo stato di illuminazione e conoscenza. Del resto, il nome Lucy deriva da lux, che significa luce.
Lucy si fa universo attraverso il raggiungimento di un potenziale che è nascosto in ognuno di noi ed ogni essere umano è dunque un mondo. La regia cala lo spettatore in una percezione filtrata ed individualizzata. Besson usa sistematicamente la profondità di campo ridotta, che sfoca la realtà; costringendoci a restare con il personaggio e dimenticare il resto. A questa accompagna, nello stesso senso, l’uso dell’inquadratura in soggettiva, continuamente ricorrente con Lucy; nei cui pensieri e visione entriamo completamente, durante la sequenza in cui è bendata e portata di forza in aeroporto. Lo spettatore è in questo caso nella testa della protagonista, i cui pensieri sono espressi in voce off. Egli inoltre vede attraverso la maglia che le benda gli occhi.
Allineamento dello spettatore alla mappa di lettura del mondo
Il pubblico è dunque invitato a calarsi nei panni di Lucy; ne consegue un passaggio di percezione totale, che include sensi, intelletto e cognizione del tempo. Il cinema, teorizzavano gli avanguardisti sovietici, è un super occhio, che ci permette di accedere ad immagini che vanno al di là della visione umana. Attraverso i poteri del digitale, la telecamera scompone la realtà, mediante una visione più profonda delle particelle e vibrazioni di energia che la compongono. La regia ci accompagna inoltre a manipolare la dimensione del tempo ed insieme alla protagonista acceleriamo e stoppiamo; cavalchiamo i secoli ed i millenni e sfogliamo la realtà come un libro, o mappa concettuale.
In questa direzione interattiva ed intertestuale va infine l’originale formato, che alterna documentario naturalistico e finzione. Esso salta inoltre tra flashback, dimensioni spaziali e viaggi temporali; con digressioni filmiche che integrano perfino immagini di cinema d’archivio e di telecamere di sicurezza. Viene inclusa, infine, l’estetica del digitale, nonché del videogioco, nell’uso di spazi esplorati da mobili e ruotanti telecamere in soggettiva. Staccandosi dall’antropocentrica trama tradizionale, il discorso si sviluppa quindi attraverso associazioni di idee: ai passi della super mente di Lucy, la soggettività si espande e dissolve, ramificandosi nelle varie fonti di informazione, come un formidabile computer. Stasera in tv: Lucy, 20 Mediaset, 21.05.
Sara Livrieri
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