Le Case delle Donne, svolgono un ruolo preponderante, lavorando in concomitanza con i centri antiviolenza. Nonostante la loro considerevole importanza, le loro attività sono spesso ostacolate dalle amministrazioni. Il recente supporto da parte del Senato, ha delineato un importante passo verso il contrasto nei confronti della violenza di genere.
Le Case delle Donne nascono dai movimenti dei diritti delle donne degli anni sessanta. Con il tempo il loro ruolo ha acquisito sempre più rilevanza, tanto da divenire fondamentali per il supporto delle donne in ogni circostanza della loro vita.
La vicenda della Casa Internazionale delle Donne
Dal 2018 è stata revocata la convenzione alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, in quanto non ha potuto pagare il canone fissato dal comune. Il motivo risiedeva nella cifra troppo elevata. Non è stato riconosciuto il valore sociale, né l’impegno economico dei servizi prestati al suo interno. Dopo il recente voto del Senato che ha finalmente attribuito 900.000 euro alla Casa, si attende che il comune ripristini la convenzione. “Il complesso demaniale del Buon Pastore in cui ci troviamo ha una destinazione vincolata a progetti per la difesa dei diritti delle donne”, ha affermato Maura Cossutta, responsabile della Casa Internazionale delle Donne. Ha poi concluso affermando che “sono ormai due anni che il comune continua a trattarci come inquiline morose, senza capire minimamente la natura della nostra esistenza”.
I fini della Casa Internazionale delle Donne
La Casa Internazionale delle Donne è attraversata ogni anno da circa 30.000 donne. A loro è riservata tutela in caso di violenza, discriminazione e razzismo, supporto su libera scelta nella salute riproduttiva e autodeterminazione. Tra le varie forme di supporto vi sono consulenze psicologiche e legali, formazione al lavoro, sostegno alla maternità e numerose attività culturali. Il centro è anche sede dell’importante archivio di storia delle donne dell’Udi. Al suo interno opera Donne in Rete contro la violenza, che si occupa di raccogliere centri non istituzionali che affrontano il tema della violenza maschile come risultato della disparità di potere tra generi.
Lo scorso 8 marzo l’associazione ha lanciato la campagna “Violenza sulle donne. In che Stato siamo?”. Il fine era quello di sottolineare le mancanze da parte dello Stato italiano nell’applicazione della Convenzione di Istanbul per la prevenzione e la lotta contro la violenza e la discriminazione nei riguardi delle donne. Donne in Rete contro la violenza ha affermato che “le donne che denunciano la violenza non ottengono misure di protezione efficaci, non sono credute nelle aule dei tribunali e rischiano di perdere i figli nelle cause di separazione”. Ed è proprio qui che agiscono le Case delle Donne.
Le Case delle Donne in Italia
“Quando abbiamo pensato di aprire la Casa nella nostra città, volevamo creare uno spazio di confronto libero, in cui l’aiuto fosse prossimale, di alleanza fra donne”. Ciò è quanto ha affermato Valentina Galluzzi della Casa delle Donne di Terni. Claudia Monti, anche lei operatrice della Casa delle Donne di Terni, rivela invece di lavorare molto sull’accoglienza. “Capita spesso che vengano delle donne anche solo a chiedere informazioni per fare un’attività come lo yoga o il laboratorio di sartoria. Poi pian piano viene fuori che invece hanno bisogno della legale e ci si ritrova a fare un colloquio di sportello“.
Manuela Ulivi, coordinatrice della Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate di Milano, ospita una casa rifugio per coloro che scelgono di allontanarsi dal violento. “È molto importante che le donne che vengono non si sentano giudicate ma accolte, affinché si instauri una relazione di fiducia che permetta loro di parlare tranquillamente”. È per questo motivo che la Casa di Milano ha rifiutato la richiesta da parte della Regione Lombardia di fornire il codice fiscale di chi accede ai colloqui. Tale pratica andrebbe contro l’anonimato che invece le attiviste assicurano.
Il valore di Lucha y Siesta
Lucha y Siesta, è una casa rifugio e centro antiviolenza nato dai movimenti delle donne più di undici anni fa nel quartiere Tuscolano di Roma. Rischia ormai da molti mesi il distacco delle utenze e lo sgombero dai locali di proprietà Atac, che dovrebbero essere venduti entro il 2021. In sua difesa è nato il comitato “Lucha alla città”, che la descrive come un modello di cittadinanza attiva e un esempio di solidarietà sociale. Una delle attiviste, Michela Cicculli, la presenta come un presidio territoriale che fa un lavoro continuo di contrasto, prevenzione e sensibilizzazione. “Se l’accoglienza è fondamentale, è poi la rete sociale che ti permette di non rimanere isolata, di trovare un lavoro, di fare un corso di formazione o di farti delle amiche. Quindi chiudendo la struttura non si perdono solo posti letto, ma un polo culturale e sociale che offre un’attività fondamentale”.
Le battaglie delle donne
“La strada del riconoscimento del nostro valore è stata aperta e noi ci batteremo perché si arrivi fino in fondo, affermando la possibilità di avere in gestione il patrimonio pubblico in comodato d’uso gratuito e riconoscendo il valore dei luoghi delle donne femministi”, si legge nel comunicato diramato dalla Casa delle Donne di Roma all’indomani del voto al Senato. La battaglia delle Case delle Donne è solo una delle tante che si devono affrontare quotidianamente. Si pensi infatti alle reazioni delle donne di “Pro-choice”. Donne che lottano affinché la campagna contro la pillola abortiva Ru486 venga fermata. È un braccio di ferro che va avanti da quando è stata approvata la legge 194, tra le donne che rivendicano i propri diritti e il fronte che non ha mai accettato l’aborto e che cerca di usare l’obiezione di coscienza. “Nessuna obiezione sui nostri corpi”, recitano le attiviste.
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