Il primo coming out di massa della storia ha avuto luogo in Germania. Attraverso un manifesto culturale contrassegnato dall’hastag #actout 185 persone, tra attori e attrici, hanno tolto il velo dietro cui celavano la loro identità sessuale.
Il coming out rivoluzionario è avvenuto attraverso la rivista tedesca Süddeutsche Zeitung che ha pubblicato i volti degli artisti in copertina. Ciò che si cela attraverso l’operazione mediatica è rivolgere un vero e proprio monito al sistema tedesco e non solo. Molti tra gli attori e attrici che hanno fatto coming out hanno rivelato di avere avuto in passato numerose difficoltà e che troppo spesso sono stati costretti al silenzio.
Tra le dichiarazioni, sintomo dello stato di frustrazione in cui versavano gli artisti, si legge quella dell’attrice Karin Hanczewski:
“Eravamo a un festival del cinema sei mesi fa dove avevo un film in concorso e la mia ragazza mi aveva accompagnato. Sapevo che ci sarebbe stato un tappeto rosso e i fotografi. La mia agente di allora mi consigliò di non portare sul tappeto rosso la mia fidanzata”.
#actout: il manifesto del coming out simbolo di un’intera categoria professionale
Secondo quanto denunciato dagli attori e attrici simbolo del coming out ciò che li aveva spinti al silenzio era stato, finora, il sentire diffuso nel mondo dello spettacolo. Secondo quanto si apprende, infatti, pare che un attore o attrice che riveli la propria identità sessuale perda della credibilità necessaria a recitare in seguito alcuni ruoli. Tuttavia è insito nel ruolo dell’attore mettere in scena persone e personalità che nulla hanno a che fare con quello che sono realmente. L’attore o attrice racconta una storia quasi sempre lontana da quella personale e, non per questo, si approccia al ruolo con meno professionalità. Si legge, infatti, all’interno del manifesto attraverso cui si si è concretizzato il movimento #actout:
“Impersoniamo mogli e padri di famiglia, amanti e statisti, persone che attirano la simpatia altrui e persone che suscitano disgusto. E spesso personaggi con le cui convinzioni non saremmo mai d’accordo in privato. Possiamo impersonare degli assassini senza aver ucciso. Possiamo salvare delle vite senza aver studiato medicina. Possiamo interpretare persone con identità sessuali diverse da quelle che viviamo. E lo facciamo da molto tempo, da sempre, perché è il nostro lavoro”
Gli attori che hanno firmato il manifesto
Solo 6, tra i 185 attori e attrici che hanno firmato il coming out in Germania, sono stati intervistati dalla rivista che ne ha messo i volti in copertina. Tutte le storia hanno, però, un denominatore in comune: sono storie di persone che hanno sofferto e il coming out è un atto di amor proprio. La sofferenza deriva da una mancata accettazione da parte della famiglia e in primis e, in secondo luogo, nella sfera lavorativa.
Riflettendo è assurdo che nel 2021 ancora si parli di omofobia, è assurdo che si abbia paura di rivelare la propria identità sessuale per ripercussioni sulla propria carriera. Ritorna alla mente il caso di Ellen Page e del suo essere transgender. La notizia era, semplicemente, riguardante una persona che decide di appropriarsi del corpo che sente proprio. Ciò su cui dobbiamo riflettere è come mai storie del genere suscitino tanto scalpore. La verità è che presupposto imprescindibile per poter essere felici è che tutti devono sentirsi liberi di esprimere se stessi, e tutti abbiamo diritto ad essere felici.
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