Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. In questa puntata faremo un viaggio tra montagna e resistenza. Parleremo di una scrittrice partigiana e del suo amore per la montagna, la scrittura e della sua testimonianza sulla guerra. Abbiamo dedicato questa puntata di oggi a Giovanna Zangrandi.

“Io penso di arrivare a fare cose più grandi delle mie forze, di dovere scrivere le storie di queste vite rubate come per dovere di rendere quello che si rubò, di arrivare non si sa dove, infinitamente lontano e su limpidi valichi come quando la bava mi cola sui ghiaioni”

Così scrisse nei suoi diari Giovanna Zangrandi, al secolo Alma Bevilacqua, facendoci capire con poche parole cosa rappresenta la scrittura per lei. Si tratta di introspezione quotidiana che si manifesta con la capacità di scavare profondamene nell’animo umano. Le sue sono storie fortemente emotive che vengono affidate ai suoi scritti. Spesso si tratta anche di avvenimenti personali che ha segnato profondamente la sua vita.

Giovanna Zangrandi, la Resistenza e la montagna

Questa puntata di LetteralMente Donna è dedicata a Giovanna Zangrandi
Il rifugio Antelao di Giovanna Zangrandi, fonte montagna.tv


Due sono gli elementi che hanno caratterizzato fortemente la vita di Giovanna Zangrandi: la montagna e la Resistenza. L’amore per i monti e le loro valli si manifestò definitivamente nella Zangrandi a 27 anni quando si trasferì a Cortina d’Ampezzo. Qui iniziò lentamente la sua metamorfosi da ragazza di pianura a “cadorina di adozione, valligiana al cento per cento”. Un cambiamento segnato dagli anni della Resistenza vissuta in missioni pericolosissime come staffetta partigiana.

Nonostante il dramma della guerra la Zangrandi non abbandonò mai la montagna per tutta la vita facendone una componente essenziale nei suoi romanzi come nel casi di “I Brusaz” con cui vinse il “Premio Deledda” e “Racconti con Attila”. La scrittrice partigiana raccontò poi nel suo libro “I giorni veri. Diario di una staffetta della ‘Calvi’ ” l’esperienza partigiana. È il racconto di giorni drammatici che hanno segnato per sempre la sua vita come si evince anche nel precedente “Il campo rosso” dove scrive parlando di un’estate nel 1946:

“Giorni strani, come una convalescenza dopo una malattia di anni; difficoltà ad immaginare, a inserirsi in una vita normale e civile, a dimenticare o superare lo choc di morti e drammi, dolore cocente o altri sentimenti esasperati”

Tra passato e futuro

La Zangardi era dunque divisa tra l’orrore del passato e la volontà di costruire qualcosa di nuovo. La scrittrice partigiana decise infatti di portare avanti il sogno del rifugio alpino condiviso con l’amato comandante partigiano Rizzardi, ucciso dai tedeschi nel 1945. Un desidero che darà luogo ad all’ avventurosa ricostruzione del rifugio Antelao raccontata proprio in “Il campo rosso”. È il romanzo scritto in maniera più originale della Zangardi , in modo diretto e spoglio con molti riferimenti ad Hemingway.

Stefano Delle Cave