Una delle parole più romantiche provenienti dalla lingua tedesca. Ruinenlust è il sentimento di piacere e appagamento che si prova di fronte agli edifici abbandonati o ad antiche rovine. Nello spazio dedicato Parole dal Mondo, un termine che riflette l’inesorabile e malinconico scorrere del tempo.
Ruinenlust, il piacere di trascorrere del tempo fra le rovine
Amore per le rovine, ossessione per gli edifici diroccati: il termine Ruinenlust è un concetto tipicamente tedesco volto a sottolineare la tendenza, di alcune persone, di provare piacere alla vista di antiche rovine abbandonate o edifici fatiscenti. Una parola composta la cui etimologia deriva da Ruinen + Lust, rovina e lussuria. Letteralmente, infatti, Ruinenlust indica ”L’attrazione irresistibile che qualcuno prova nei confronti dei palazzi fatiscenti e dei luoghi abbandonati”. Ruinenlust è quindi la sensazione di piacere che proviene dal trascorrere del tempo immersi tra le rovine.
Una reazione emotiva simile alla malinconia, ma anche un atteggiamento contro il modernismo, e un pensiero conservatore sull’importanza dei valori del passato. Il fascino dell’abbandono è una vera e propria testimonianza di conoscenza: ogni edificio abbandonato, infatti, si carica di un significato dovuto al vissuto del luogo stesso. Trovarsi di fronte a palazzi o castelli antichi e disabitati riaccende un desiderio di scoperta; un’atmosfera intrisa di solennità, per luoghi abitati da vite passate e ormai svanite.
Lussuria e caducità delle cose
Nell’ “Atlante delle Emozioni Umane” di Tiffany Watt, si ritrova proprio il termine Ruinenlust inteso come vera e propria emozione. Ma perché gli uomini sono attratti dal declino? Essere attratti da ciò che, inconsciamente, si teme è prerogativa della natura umana. Tuttavia, le rovine fatiscenti che esercitano un piacere a volte ossessivo sono allegoria di ben altri significati: nell’indugiare e nel soffermarsi fra le forme sgretolate e vacillanti di palazzi sospesi di un tempo che fu, è un sottile piacere destabilizzante. Trovarsi di fronte al declino, a un’integrità corrosa, implica assaporarne il fremito e rendersi conto della caducità del tempo inesorabile. Tuttavia, questa impellenza dell’anima che guida al decadimento e pungola di rivolgere lo sguardo alla rovina, altro non è che un palliativo: guardare con occhio clinico un passato ormai remoto è una sorta di auto-rassicurazione; analizzare un antico passato poiché impossibilitati all’ analisi del presente o un prossimo futuro.
Frances Stonor Saunders, giornalista e storica britannica, spiega l’inconsapevole e subliminale lussuria per la rovina:
“Non ci imbattiamo semplicemente nelle rovine, le cerchiamo per indugiare tra le loro forme vacillanti e ammuffite – il grande ritmo spezzato di volte che crollano, colonne troncate, plinti fatiscenti – e assaporare il fremito del declino e caduta, di interezza destabilizzata”.
I luoghi abbandonati sono uno specchio quasi rassicurante del passato: ogni uomo possiede in sé stesso un proprio tempo consunto e abbandonato. I vecchi ruderi e gli antichi palazzi decadenti, non sono altro che un riflesso di una porzione di anima inconscia che, alla vista di una similarità, si consola indugiando nella malinconia delle rovine, assaporandone la falotica e inconsueta adrenalina.
Stella Grillo
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