Accade ieri a Sassari, all’uscita da scuola, l’ennesimo caso di lite tra giovani ragazze. L’autrice della violenza è una studentessa di 16 anni, che al suono della campanella ha aggredito nel cortile dell’istituto una sua coetanea con un tirapugni. Sconcertante il comportamento di coloro che hanno partecipato come spettatori all’accaduto: anziché soccorrere la vittima, alcuni ragazzi hanno fatto delle riprese video, mentre altri hanno mostrato indifferenza.

La violenza tra giovani come sintomo di un malessere diffuso

Questo episodio di violenza tra giovani non fa altro che riportare a galla un tema di cui si parla da molti anni, quello del declino dei principi morali e intellettuali dei nuovi adolescenti. Se indaghiamo sulle cause di questo fenomeno, possiamo provare a rintracciare una spiegazione nell’influenza che i media hanno sui più piccoli. Ci si chiede per tanto se un giovane ragazzo sia in grado di filtrare le informazioni di film, videogiochi o pubblicità che mostrano episodi di violenza. Già nel 1961 lo psicologo Albert Bandura si era occupato di questo argomento, dimostrando come i bambini apprendano per modellamento, e quindi, appunto, modellino il loro comportamento in base agli stimoli che ricevono. Per farla breve, un bambino che vede un adulto attuare comportamenti violenti, potrebbe essere stimolato a replicarli. Tuttavia non sarebbe giusto semplificare una situazione alquanto complessa, la crudeltà e la ferocia non sono interamente riconducibili ai media. Ci possono infatti essere delle spiegazioni più intime, come violenze domestiche, condizioni socio-economiche, uso di stupefacenti o altro. Comunque, un ruolo fondamentale è ricoperto dall’istruzione, familiare e scolastica, la prima istituzione che si dovrebbe attivare di fronte a queste lacune educative dei giovani.