Dimmi cos’è il sesso senza dirmi cos’è il sesso. Comincio io: “quel discorsetto”. Quello che alla stragrande maggioranza dei figli è successo di ascoltare e alla stragrande maggioranza dei genitori di fare. Imbarazzati i primi, in difficoltà i secondi, dovrebbe essere un momento di crescita per entrambe le parti che troppo spesso si riduce a inutili perifrasi paternalistiche. Un altro esempio? Per la religione è “quella cosa” che fanno marito e moglie per concepire bambini, e basta. Questo insieme di tabù, proibizioni e regole più o meno chiaramente imposte sono la causa di un approccio confuso e spesso incosciente al sesso e alla sessualità. Cui consegue per molto un altrettanto confuso senso di colpa, come di chi fa qualcosa di sbagliato.
Più della metà dei giovani non parla di sessualità in famiglia
Questo è quanto emerso dal progetto realizzato da Fondazione PRO in collaborazione con la IV Municipalità della città di Napoli. Agli studenti di alcuni istituti scolastici di II grado è stato chiesto di rispondere a un questionario sull’importanza di affrontare in maniera corretta questo tema. Il 65% dei giovani dai 16 ai 19 anni non parla di sessualità in famiglia e solo il 25% ha fatto una visita di prevenzione. Ma non solo: uno studio del del 2020 delle Università di Firenze e Catania ha evidenziato negli ultimi anni una recessione sessuale e un aumento dell’autoerotismo. Non come rinuncia totale al sesso, quindi, ma come inibizione del rapporto con l’altra persona.
Non si parla di sessualità in famiglia, è il discorso a monte. Allora a chi è demandato il ruolo di guida? La risposta più intuitiva è alla scuola. Da questa seconda casa ci si aspetterebbe allora una educazione chiara e attenta. Invece l’educazione sessuale nelle scuole manca, e la sua assenza si sente eccome. In Italia non c’è una legge nazionale che prevede di inserire questa tematica tra le materie, ma ogni scuola decide per sé. “Bisogna educarsi agli affetti ma anche al sesso, che è parte della nostra vita”. Queste le parole che fanno ben sperare dell’attuale Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Tolta la famiglia, tolti i programmi ministeriali, il testimone passa spesso a compagni di classe o amici più grandi, spesso confusi a loro volta e portatori di conoscenza mediata dai porno e dalla sessualità idraulica.
L’educazione sessuale non è un problema finché i problemi non iniziano a presentarsi. Ma perché?
Sesso, famiglia e religione: una storia italiana
Chiusa nel suo conservatorismo borghese, pregno di moralismo e toni imperiosi, l’Italia cammina lentamente sul sentiero della libera conoscenza della sessualità. Non si può ignorare l’importanza che ha avuto e che continua ad avere la religione nel nostro Paese. E, con essa, la sua morale. Il sesso senza finalità di procreazione è peccato per chi segue in modo ferreo la religione cattolica. Niente in contrario con le scelte di fede del singolo, ma questo oscurantismo si è riversato sul modo intero di vivere e trattare la sessualità in Italia.
Così esistono famiglie che cercano di tenere fuori i loro figli da domande e dubbi circa la sessualità perché “non è cristiano”, con l’unico risultato di creare ragazzi in difficoltà su un argomento tanto delicato e importante. E ancora: giovani che non trovano risposte alle loro domande perché “di queste cose non si parla” e che, al momento di mettere in pratica quello che hanno provato a imparare o che magari ancora non sanno, si sentono in colpa. Perché, per quanto aperti o disinibiti si possa crescere, la sessualità resta spesso in una grande zona d’ombra e pensare di star facendo qualcosa di sbagliato perché distante da quello che ci è stato, sia pure non direttamente, insegnato è comune.
Sessualità e senso di colpa: chi dovrebbe provarlo?
Censura morale, rispetto delle leggi non scritte sulla castità e sulla repressione delle pulsioni. Siamo il prodotto, per dirla con Norbert Elias, della civiltà delle buone maniere in continua evoluzione. Allo stesso modo dovrebbe evolversi la nostra stessa capacità di approcciarsi a concetti la cui importanza sta crescendo, sessualità inclusa. Siamo capaci di grandi cose, ma ancora non riusciamo a trovare le parole per spiegare quali possano essere le alternative migliori per evitare gravidanze indesiderate. Abbiamo sviluppato un pensiero critico, ma non tanto da permetterci di capire che non c’è alcun tipo di peccato, sacro o profano, nello scoprirsi per acquisire consapevolezza di sé e dello spazio che occupa il proprio corpo. Siamo sempre più liberi da dogmi e costrizioni, ma non al punto da far sì che i giovani smettano di sentirsi in colpa per aver scoperto ciò da cui cercavamo di tenerli lontani.
E, se proprio qualcuno deve sentirsi in colpa per questo, che siano i genitori che si voltano dall’altra parte ogni volta che l’argomento viene sfiorato. Che siano gli insegnanti che scelgono di saltare a pie’ pari l’educazione sessuale perché hanno paura. Che sia chiunque predichi che il peccato più grande sia amarsi, quando invece è forse la più alta espressione di libertà personale.
Sara Rossi