Dopo le dichiarazioni della stilista Elisabetta Franchi si ritorna sul tema della maternità con un’ondata di nuove riflessioni e consapevolezze. Le donne in età fertile, che quindi potrebbero avere figli, vengono fortemente discriminate in ambito lavorativo, discriminazioni paragonabili alle ingiustizie che anche le persone con disabilità sono costrette a subire nel mondo quotidiano.
C’è un bisogno, per le donne fertili come per i disabili, di dimostrare ad ogni costo di potercela fare, di poter reggere senza alcun problema gli stessi ritmi delle altre persone. Si può evincere dalle riflessioni degli ultimi giorni quanto danneggiato sia il retaggio culturale che ci condiziona, portando la società a scaricare, se non tutto quasi, il lavoro di cura sulle donne, escludendole da un sistema d’impiego comunque sbagliato perché basato sulla performatività del corpo a livelli altissimi.
Maternità e lavoro
Si associa alle donne che potrebbero andare in maternità, così come appunto alle persone affetta da disabilità, un calo di produttività tale da spingere le aziende a scegliere di assumere da queste categorie sono se obbligate legislativamente. Invece di sostenere i lavoratori e le persone con trattamenti dignitosi e con strumenti appropriati, quali per esempio nel caso della maternità concedere un congedo per paternità equiparato a quello d maternità, viene esaltata la figura della donna multitasking. La donna è quindi quella figura quasi mitologica che riesce a conviviare famiglia e carriera, che si ritrova impegnata su mille fronti fino a raggiungere il dono dell’ubiquità.
Siamo ora ad un punto storico in cui invece di combattere modelli tossici e lottare per realtà inclusive che agevolino ogni suo componente, si utilizzano gli stessi principi patriarcali e capitalisti per continuare a penalizzare chiunque non sia per qualche motivo conforme al lavoratore performativo standard. Il primo vero cambiamento sarebbe innanzitutto quello di rifiutarsi di partecipare ad un sistema tossico per chi ci rientra oltre che esclusivo e discriminatorio.
Ginevra Mattei