Benvenuti nell’universo femminile di LetteralMente Donna. Faremo un viaggio nella seconda metà del 900′ alla scoperta di una scrittrice che ha dovuto lasciare la sua patria. Parleremo di Ungheria, dell’abbandono e della ricerca di una lingua. Abbiamo dedicato questa puntata a Agota Kristòf e alle sue opere
“Ho preferito andare a lavorare in una fabbrica. Lì potevo concentrarmi sulla scrittura, sui miei pensieri, vicino alla macchina che io usavo in fabbrica c’era un foglio su cui scrivevo i miei versi, ed era la cadenza delle macchine a darmi il ritmo di quella poesia. Allora scrivevo in ungherese. Poi ho scritto pochissimo per molti anni: avevo abbandonato il mio paese e stavo lasciando anche la mia lingua per il francese che non conoscevo bene e così mi esercitavo con dialoghi teatrali. Oggi quelle mie prime opere in francese mi sembrano quasi tutte orribili. Non tutte, qualcuna buona c’è. Erano gli anni Settanta”.
Quella di Agota Kristòf è una vita ed scrittura segnata dall’abbandono della sua Ungheria. Questa scrittrice infatti è stata costretta ad lasciare la sua terra con suo marito che aveva paura di essere arrestato dalla truppe sovietiche giunte in Ungheria per porre fine ad una rivolta popolare contro l’invasione sovietica. La Kristòf non perdonò mai il marito vivendo tutta la vita in Svizzera alla ricerca di una terra nella quale riconoscersi. Da qui il senso di abbandono e inappartenenza che si riverserà anche sulla scrittura. Da un lato ci sarà un cambio di lingua dall’ungherese al francese. Dall’altro nelle sue opere compaiono una serie di personaggi erranti segnati dall’impossibilità di tornare ai luoghi delle proprie origini.
La “Trilogia della città di K” e le opere di Agota Kristòf
Le prime opere importanti di Agata Kristòf furono le poesie scritte nella fabbrica in cui lavorava. Versi, come da lei stesso dichiarato, nati con la cadenza del ritmo delle macchine. Il suo stile letterario si è poi perfezionato con la prosa diventando essenziale, duro, secco e segnato dalla costante ricerca di una lingua in cui ritrovarsi e aderire. Le opere più famose della Kristòf sono infatti “Il grande quaderno”, “La prova” e “La terza menzogna” divenute famose tutte insieme come la “Trilogia della città di k”. In essa la storia di due gemelli ispirata all’infanzia della Kristòf e del fratello maggiore. Un racconto scarno, essenziale e privo di sentimentalismi dove al centro della storia c’è il rapporto prima morboso e poi distacco tra i protagonisti di cui viene raccontata la vita dalla seconda guerra mondiale agli anni 90′.
Stefano Delle Cave