I conservatori britannici hanno deciso: sarà Liz Truss, già Segretario per gli affari esteri dell’esecutivo di Boris Johnson, la nuova premier del Regno Unito. Chi ne conosce i trascorsi politici è pronto a definirla una Thatcher 2.0, convinta del modello neoliberista e strenua protettrice di un modello protezionistico anti-UE e anti-Cina, sebbene nel 2016 si fosse schierata contro la Brexit. Che abbia scelto un modello più intransigente e populista sembra ovvio a molti osservatori britannici e internazionali, virando verso un profilo che la appaia al premier uscente. Fanno discutere alcuni punti della sua agenda, dalla costruzione della “rete della libertà”, insieme di accordi commerciali che smarcherebbero il Regno Unito dalla dipendenza commerciale europea, al più allineato atlantismo filoamericano. Ma chi è davvero Liz Truss?
Neoliberismo, esteri, lo slittamento dai liberaldemocratici ai conservatori: la lunga e multiforme esperienza politica della nuova premier UK, Liz Truss
Nata a Oxford nel 1975 in un contesto familiare laburista, Liz ha trovato presto la sua vocazione politica: lo dimostra la militanza giovanile tra le file dei liberaldemocratici e il progressivo “scivolamento” verso i conservatori. Dopo un’esperienza nel settore manageriale, Truss viene eletta consigliere comunale di un distretto del sud-est di Londra nel 2006, e nella Camera dei comuni nel 2010. Inizia da allora la vicinanza con l’ex premier Cameron, che designa prima come Segretario di Stato per l’Ambiente e poi, in un flipper di cariche e competenze, a Giustizia, Tesoro, Commercio fino agli Affari Esteri sotto Boris Johnson. Dopo il ritiro tempestato di polemiche di Johnson, la corsa al secondo trono più importante del Paese la contrappone a Rishi Sunak, che fino a poco tempo fa risultava il favorito.
Liz Truss non è quindi una persona sconosciuta e anonima per i britannici, anzi. Il suo modello è la lady di ferro Margaret Thatcher, con cui condivide profondamente gli ideali neoliberisti. Ricorda la Thatcher anche quel particolare modo di presentarsi, nel novembre scorso, ai soldati di stanza in Estonia, in uniforme militare, dentro a un carro armato. Thatcheriano anche il suo lessico e, apparentemente, le sue politiche: ha passato gran parte della breve campagna elettorale a promettere i grandi classici delle politiche di deregulation, come il taglio alle tasse, la semplificazione del sistema fiscale, l’annullamento dei contributi previdenziali per sanità e anziani. In vista della crisi energetica e dell’impennata del prezzo della vita, però, ha promesso anche un pacchetto di sussidi, senza però mai chiarirne i contenuti effettivi (o specificando le coperture finanziarie, argomento spinoso anche a sud delle Alpi).
Unione Europea, Cina, Difesa: quanto già sappiamo dell’agenda Truss e quanto dobbiamo aspettarci dalla nuova leader conservatrice
Mentre aspettiamo che Liz Truss finisca di promettere sia tasse più basse che prezzi energetici calmierati, Kwasi Kwarteng, secondo molti il prossimo ministro delle Finanze, ha confermato il progetto della premier di spingere più “spudoratamente” a favore della crescita. Il che significa, stando al lessico neoliberista, deregolamentare ulteriormente le imprese e il mercato, lasciando che la britannica mano invisibile dell’economia faccia il resto. Molto meno invisibile invece la mano della politica estera: al centro delle politiche in agenda rimane la costruzione della “Rete della Libertà“, un sistema di patti commerciali con circa 60 paesi non europei che garantirebbe la sovranità economica del Regno Unito e segnerebbe il progressivo disamoramento di Albione per l’Unione Europea.
Non usa mezze misure nemmeno quando guarda a oriente: recentemente ha definito la Cina una “minaccia ufficiale” per la Gran Bretagna. Una mancanza di tatto così poco “inglese” che ha naturalmente mandato su tutte le furie il governo di Pechino. Anche la Russia non sembra una prospettiva appetibile, stando alle dichiarazioni degli ultimi giorni, in cui ha confermato che la prima chiamata internazionale, appena ufficializzata la carica di Premier, sarà riservata al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Resta infine da chiarire in che direzione vada interpretato l’aumento delle spese militari, previsto come il 3% del Pil entro il 2030. Soprattutto, sarà necessario comprendere dove un governo che promette di tagliare le tasse e investire sulla Difesa voglia trovare i fondi per metterlo in atto.
Alberto Alessi
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