È una pratica che può ferire e lasciare cicatrici sulla psiche di molti, una nuova forma di vessazione e cyberbullismo sui canali social: è l’orbiting, ovvero l’atto di commentare e lasciare reazioni – soprattutto per schernire – sui contenuti postati sulle piattaforme di socializzazione. Fa preoccupare la percentuale delle vittime tra adolescenti e preadolescenti: durante lo scorso anno sarebbe stato vittima di almeno una forma di bullismo e cyberbullismo il 20% degli studenti. Molti di questi casi sono sistematici e continuativi, che dimostrano un accanimento che non è nuovo nelle dinamiche della violenza psicologica. I dati sono stati forniti dall’Osservatorio “Bullismo e Cyberbullismo” condotto da Skuola.net. Oggetto di questa violenza l’aspetto fisico, le disabilità, sempre più spesso anche l’orientamento sessuale.

Il 20% degli adolescenti ha subito forme di esclusione sociale, tra bullismo e cyberbullismo. I dati di Skuola.net fanno preoccupare e riconoscono nuove strategie vessatorie: che cos’è l’orbiting

Non si finisce mai di studiare nuovi metodi per creare e rafforzare stereotipi e disuguaglianze, in un clima scolastico che finisce per diventare – stando ai dati – sempre più tossico. Il bullismo è connaturato alla scuola pubblica, ma è un male sradicabile attraverso l’educazione – o così si vorrebbe. Lo stesso luogo dell’educazione scolastica è il primo teatro della violenza e dell’esclusione, e al secondo posto i social. Ma i due luoghi non sono separati. La violenza psicologica esercitata sui social, il cyberbullismo, è continuazione di quella “in presenza”, e l’orbiting ne è la nuova frontiera. Dopo due anni di insegnamenti a distanza e misti, l’inizio del nuovo anno scolastico non poteva iniziare con dati più allarmanti. Nessuno ne è uscito migliore, insomma. E se nuove tematiche sensibilizzano gli studenti di tutte le età, le violenze non diminuiscono conseguentemente.

Nuove vittime designate sono soprattutto gli studenti non-binary – i quali non si riconoscono nel binarismo di genere -, vittime preferite delle forme di sopruso anche social, confermando il dato che definisce come più gravi e costanti le lesioni della dignità personale relativa all’orientamento sessuale: ne hanno subite 4 studenti su 10. Le pratiche, oltre il già citato orbiting, annoverano anche il “non-consensual sharing”, ovvero forme “lievi” di revenge porn che consistono nella condivisione, spesso da parte di un ex-partner, di materiale intimo riservato; a questo si aggiungono i messaggi anonimi, l’esclusione sociale, il ghosting: pratiche ormai tipicizzate. E le reazioni delle vittime variano. Solo il 42% degli studenti si è detto “immune” a queste forme lesive: il resto denota tristezza, rabbia, profondo sconforto. L’educazione dovrebbe puntare sull’inclusività, sempre. E un personale docente più maturo su queste tematiche – che non sono politiche, ma civili – non potrebbe che migliorare una situazione chiaramente critica.

Alberto Alessi

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