Era il 3 luglio del 2022 quando un blocco di ghiaccio largo 200 metri si staccò dal ghiacciaio della Marmolada. Sulla vetta si registravano temperature superiori ai dieci gradi, fatto indiscutibilmente anomalo. Diverse furono le persone travolte e ad oggi abbiamo la conferma di cosa ha causato la tragedia: la crisi climatica.

Marmolada - Photo Credits Dolomiti Unesco
Marmolada – Photo Credits Dolomiti Unesco

Marmolada: lo studio scientifico punta il dito contro il riscaldamento globale

I ghiacciai alpini, negli ultimi decenni, hanno subito sostanziali cambiamenti di regime termico a causa del riscaldamento globale. A confermarlo è lo studio “The climate-driven disaster of the Marmolada Glacier“, condotto all’Università di Padova. La ricerca mostra che i ghiacciai della zona hanno subito continui cambiamenti di forma, volume ed estensione durante gli anni. Nel 1962 si registrava la presenza di otto ghiacciai ma, ad oggi, alcuni sono scomparsi e altri si sono frazionati. L’inventario più recente registra sette unità glaciali sul monte aventi uno spessore nettamente ridotto.

Dagli anni 2000, si è verificata un’accelerazione del tasso medio di ritiro, passato da 3,94 metri all’anno nel periodo dal 1880 al 2000 a 31,95 metri all’anno nel periodo dal 2001 al 2021. La superficie coperta di ghiaccio si è ridotta del 72%, in 116 anni, così come il suo volume è diminuito dell’89%. Il ghiacciaio ha subito una significativa frammentazione dei flussi glaciali e la formazione di macchie residue, una delle quali era il sito del crollo.

Il crollo del 3 luglio 2022

La ricerca descrive il sito del crollo come un piccolo ghiacciaio isolato a circa 600 metri dalla vetta. La larghezza era di circa 160 metri mentre la lunghezza di 140, con un bordo irregolare ospitato all’interno di un piccolo circo poco profondo e con una pendenza media di 30 gradi. Scorrendo ha inglobato anche i detriti glaciali sciolti che si erano depositati negli ultimi decenni e che erano già stati mobilitati in precedenti colate detritiche.

Nei giorni successivi al crollo si sarebbero verificati piccoli distacchi dalla parete, senza fenomeni di grande magnitudo, anche se la nicchia di distacco era infatti quasi completamente separata dal resto della massa glaciale da un secondo crepaccio situato pochi metri più a monte. Questo quanto emerge dallo studio.

Martina Cordella

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