Nuove rivelazioni sul caso Regeni in arrivo sul New York Times. Il quotidiano rivela: “Abbiamo trovato prove incontrovertibili sulla responsabilità di funzionari egiziani”. Secondo la fonte, appartenente all’amministrazione Obama, gli Stati Uniti “passarono la raccomandazione al governo Renzi”. Il governo però smentisce questo particolare.

Un manifesto in cui si chiede la verità per Giulio Regeni credits: ilGiorno

Qual’è la “verità per Giulio Regeni?”

Non c’è ancora e forse non ci sarà mai verità per Giulio Regeni. Per il momento, però, arrivano dagli Usa nuove rivelazioni, da un’inchiesta del New York Times, che ha sempre seguito con costanza il caso. E potrebbe almeno aprirsi uno spiraglio per far luce sulle circostanze e sui colpevoli della sua morte. O meglio sulle conferme di alcune ricostruzioni.

Secondo quanto rivela il Times, dunque, il giovane ricercatore venne rapito, torturato e ucciso dai servizi di sicurezza egiziani. La allora Casa Bianca di Obama diede al governo Renzi “prove esplosive” e la conferma che la leadership egiziana sapeva tutto. Gli Usa non rivelarono tutto per non bruciare le proprie fonti, ma gli elementi di fatto ci sarebbero stati tutti. Quegli stessi elementi di fatto che il governo italiano dice invece di non aver mai ricevuto. 

Chi avrà ragione? E soprattutto: qual’è la verità sulla morte di Giulio Regeni? Tanto invocata e ancora disattesa, potrebbe essere più vicina grazie a queste ultime rivelazioni? Non lo sappiamo, ma continuiamo a sperare di scoprire cosa sia successo. E avere giustizia per un delitto atroce. 

La verità, come spesso accade, potrebbe stare nel mezzo. Da quanto emerge dall’inchiesta del New York Times dedicata alla morte di Giulio Regeni, ci sarebbero da un lato le dichiarazioni delle fonti dell’amministrazione Obama e dall’altro le fonti di Palazzo Chigi.

Parola di fonte contro fonte sul caso Regeni

Le fonti italiane sostengono che, nei contatti tra amministrazione USA e governo italiano avvenuti nei mesi successivi all’omicidio di Regeni, non furono mai trasmessi elementi di fatto né prove esplosive. Il giornalista del NY Times, Declan Walsh, che firma il lungo articolo sul caso, sottolinea che, secondo le fonti Usa, la collaborazione americana con la Procura di Roma in tutti questi mesi è stata piena e completa.

C’è poi una terza fonte, che riporta la conclusione passata dalla Casa Bianca al governo Renzi. Secondo questo altro membro dell’amministrazione Obama ”Non era chiaro chi avesse dato l’ordine di rapire e, presumibilmente, di ucciderlo”, ma “non avevamo dubbi che questa faccenda era conosciuta ai massimi livelli”. “Non so se avessero la responsabilità ma sapevano”.

Giulio Regeni credits: today.it

Se ai massimi livelli del governo egiziano si conosceva già la verità sulla morte di Giulio Regeni perché non è stata comunicata al governo italiano? In realtà, per chi avesse la voglia di leggere tutto l’articolo di Walsh, da esso si desume che gli americani non dissero agli italiani chi fosse il responsabile dell’uccisione di Regeni, quale agenzia o servizio di sicurezza egiziana. Si desume anche che gli Usa portarono altre prove per dimostrare il coinvolgimento del governo egiziano, ma non sappiamo quali e non possiamo dunque valutare quanto fossero o meno esplosive o decisive.

Non ci sono risposte certe, al momento. Per ora resta la certezza che Giulio Regeni si sia trovato a fare il lavoro sbagliato in un momento politico e sociale, per l’Egitto, molto pericoloso e instabile. Un momento in cui la sua immersione culturale al Cairo era malvista da un governo ossessionato dalle cospirazioni straniere. Un momento storico in cui la stampa era stata soffocata, avvocati e giornalisti venivano regolarmente perseguitati e i caffè del Cairo erano pieni di informatori. 

Il ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo

Dunque nessuna vera svolta nelle indagini sul caso Regeni. Non ancora. Nel frattempo, però, il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha deciso di far tornare al Cairo l’ambasciatore Giampaolo Cantini. E non senza polemiche. La notizia è stata accolta con indignazione dalla famiglia Regeni “per le modalità, la tempistica ed il contenuto della decisione del Governo italiano”. La madre di Giulio Regeni, Paola Deffendi, ha commentato postando un “Sempre più lutto!” sulla sua bacheca Facebook.

Non è d’accordo con la decisione nemmeno Amnesty International, che ha parlato di rinuncia da parte del governo “all’unico strumento di pressione per ottenere verità nel caso di Giulio Regeni di cui l’Italia finora disponeva”.

L’unico spiraglio di svolta arriva con la una nota congiunta firmata dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e il procuratore generale della Repubblica Araba D’Egitto Nabil Ahmed Sadek. Nella nota si parla di “un passo avanti nella collaborazione” tra le due procure grazie consegna dei documenti relativi ad un nuovo interrogatorio, cui sono stati sottoposti i poliziotti che hanno avuto un ruolo negli accertamenti sulla morte di Regeni. Interrogatori che erano stati sollecitati proprio dalla procura della repubblica di Roma. 

Le indagini continuano. Speriamo portino a scoprire la verità.

Federica Macchia