Zerocalcare ancora una volta sulla cresta dell’onda: “Questo mondo non mi renderà cattivo”, la serie disponibile su Netflix, concentra tutte le contraddizioni di una generazione. L’attesa ha ripagato i fan del fumettista, che riesce nuovamente a narrare, con relativa leggerezza e disincanto, avvenimenti controversi e con una certa importanza sociale, indagandone le numerose sfumature evitando di semplificare la realtà e riportare tutto a un modo di pensare manicheo.

Zerocalcare: contesi tra due millenni, l’incertezza di una generazione su Netflix

Immagine da "Questo mondo non mi renderà cattivo", nuova serie Netflix di Zerocalcare - Photo Credits techprincess.it

Ciò che rende le serie di Zerocalcare fruibile da un ampio ventaglio di spettatori e spettatrici è la sua abilità di restituire un ritratto del reale utilizzando un linguaggio accessibile a tutti e, di conseguenza, trasversale dal punto di vista generazionale, sociale, ideologico. La sua trasposizione, però, è indubbio, raggiunge soprattutto i cosiddetti Millennial, ovvero le persone che si sono affacciate alla vita adulta nel primi 15 anni del nuovo millennio, dunque tutti coloro la cui nascita è compresa orientativamente tra gli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta.

Gli elementi più familiari a questa generazione sono la precarietà lavorativa e l’inadeguatezza sociale, entrambi fagocitati da una mancanza di senso di base tipica di questa generazione, che ha vissuto, di fatto, la rivoluzione del web 2.0. Questo tipo di corrispondenza è un ritornello angosciante che sembra ripetersi per tutta la lunghezza di “Questo mondo non mi renderà cattivo”: la considerazione spasmodica degli scenari futuri, la difficoltà a comunicare e gestire rapporti stretti, la tendenza a restare in casa (risultante anche dalla recente pandemia Coronavirus), e, soprattutto, quel nichilismo di fondo che viene scansato con uno sforzo profondo dal protagonista.

“Questo mondo non mi renderà cattivo”: il faro morale

Zerocalcare, almeno nel suo alter ego animato, riesce davvero ad agire quando la sua etica lo solletica. Con disagio, con inadeguatezza, talvolta anche con indolenza, tutto quello che lo muove è il risultato di una riflessione a tu per tu con la sua coscienza, rappresentata dal famoso armadillo, un armadillo con un senso critico elevatissimo, che ha la voce di Valerio Mastandrea.

Contraltare delle insicurezze di Zero, l’armadillo dà sempre la possibilità al fumettista di dialogare con qualcuno che, di solito, non è assolutamente d’accordo con lui, e gli permette di creare una lotta interiore che può generare azione.

“Non sorridiamo mai”(?)

Ma tutto ciò, il racconto di una generazione, e anche un po’ della vita in senso universale, è racchiuso in una scena di pochi minuti. Zero è con i suoi due amici storici e prendono un gelato e occupano una panchina, ritrovandosi dopo un po’ di tempo insieme; e per la prima volta dopo un lungo periodo, accade qualcosa di straordinario, che la voce narrante dell’autore racconta così:

“Io quer momento me lo ricordo perché a noi ce capita de ride un sacco, però non sorridiamo quasi mai. Questa sensazione delle facce morbide, distese co sto soriso è strana, è proprio diversa da come sta la faccia nostra de solito: o tutta accartocciata perché stamo a ride sguaiatamente così non sentimo i mostri nostri che ce strillano dentro, oppure tutta in tensione perché ce rode er culo e stamo a tanto così da fa er botto. Invece tranquilli e sereni praticamente non ce stamo mai. Per questo me lo ricordo così bene.” (“Questo mondo non mi renderà cattivo”, episodio 1).

L’utopia della serenità

C’è da chiedersi se saremo ancora in grado e le condizioni ce lo permetteranno, di avere questo sorriso disteso sulle labbra, non senza preoccupazioni ma con un sentimento di, seppur precaria, libertà e una sensazione di benessere.

C’è poco da dire, Zerocalcare è “uno di noi”, lo ha dimostrato nuovamente con “Questo mondo non mi renderà cattivo”, ed è proprio grazie a questo specchio che le sue storie di denuncia sociale e non solo arrivano a tante persone come un pugno nello stomaco.

Beatrice Martini

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