C’è una frase nell’episodio finale di The Idol, pronunciata da Andrew Finkelstein (Eli Roth), il produttore esecutivo di Jocelyn, che recita: “This is weird, even by music business standards”. Ecco, questa frase racchiude esattamente quello che The Idol è stato e probabilmente (visto lo scarso successo) mai più sarà: “Weird, even by the television business standards”. E non in modo positivo. La serie ha sì raggiunto il suo scopo: lo scandalo, il clamore e la polemica. Ma più per l’inadeguatezza, che per ciò che voleva trasmettere. È una serie che si basa sulle vibes e sui momenti dei singoli, senza una vera corda a tenere saldo il tutto. È confusionaria, a tratti inutilmente eccessiva e vive di poche situazioni buone. Esattamente come questo episodio finale, che porta ad un ribaltamento dei ruoli in un plot twist fin troppo telefonato e scialbo.

The Idol: un fragile castello di carte

The Idol: Jocelyn (Lily-Rose Depp) nel finale di stagione

L’episodio si divide in due filoni distinti. Nella prima parte vediamo gli adepti alle prese con una Jam Session per presentarsi al produttore Finkelstein, arrivato a casa di Joss con l’intenzione di chiuderle il tour. Ma grazie agli straordinari artisti succubi di Tedros, le chiavi della tourné tornano nelle mani di Jocelyn così come tutta la sua carriera. Parallelamente, va avanti tutto il discorso messo in piedi nella puntata precedente dei giochi di potere tra Jocelyn e Tedros. Il concetto viene esplicitato esattamente nei primi tre minuti e mezzo di puntata. È Joss a controllare la macchina, è lei ad averlo usato solo come ispirazione ed è sempre lei che, dipendente dagli abusi, aveva bisogno di una figura che adempisse allo scopo. E lo dice esplicitamente. Ma tutto ciò continua ad avere veramente poco senso. Jocelyn è consapevole della sua dipendenza? Era veramente necessaria la figura di Tedros per scrivere un album? E queste domande portano direttamente al quesito più grande della seconda parte. Ammesso che Tedros fosse necessario, per quale motivo riportarlo nella propria vita dopo averlo distrutto e aver detto chiaro e tondo che “non mi serve più”? The Idol è una forzatura dopo l’altra, che fanno cadere un castello di carte già fragile di suo. E il finale di stagione ne è il più fulgido esempio. E ancora, per quale motivo Nikki (Jane Adams) dopo essere rimasta incantata dal lavoro di Tedros fatto con i ragazzi chiedendogli di lavorare per lei, al concerto di Jocelyn è quella più felice di averlo distrutto con gli articoli diffamatori? The Idol si forma, probabilmente, dove avrebbe dovuto continuare a spingere. Perché il materiale messo in campo in cinque episodi è tutt’altro che sopra la sufficienza. Ma almeno, in questo quinto episodio, le carte erano sul tavolo e c’era la remota possibilità di un racconto dal più ampio respiro.

Più di un problema

È evidente come The Idol sia stata rimodellata e rimontata per poter essere racchiusa nei cinque episodi andati in onda. Sembrano mancare degli elementi e, soprattutto, un finale. Resta intatta la prova di Lily-Rose Depp che si conferma, oltre che la più palese delle nepobaby, una brava attrice. Così come le performance di tutto il cast. Ad eccezione di The Weeknd che non riesce mai a scalfire la superficie di un personaggio complesso e che poteva sicuramente dare qualcosa in più alla serie se dato in mano ad un attore. Tesfaye è piatto e goffo e non rende giustizia a tante scene che nella serie potevano avere più impatto. Anzi, ne distrugge il carico tensivo. Insomma, i problemi di The Idol sono tanti e sono iniziati fin da prima della messa in onda del pilot. Dalle polemiche sul set alle accuse agli autori, dalla ricezione tiepida di pubblico e critica, The Idol non ha mai viaggiato sulle ali dell’entusiasmo. Crediamo che il vero problema della serie, però, sia fondamentalmente di rappresentazione e non di ciò che vorrebbe mettere in campo. L’idea che lo show-biz sia malvagio e disinteressato all’essere umano è un concetto nobile da portare a schermo, per quanto trito. Ma il problema è che tutto questo discorso di fondo non risale la superficie e finisce per mescolarsi con delle buone idee tecniche ma delle altrettante brutte idee di scrittura. The Idol è quindi un tentativo andato completamente a vuoto, nonostante la forza di HBO e A24 che aveva alle spalle. Speriamo che Sam Levinson possa fare un passo indietro e tornarci a regalare perle rare come le prime due stagioni di Euphoria.

Alessandro Libianchi

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